Qualche volta smarrire la strada è davvero piacevole, tra alberghi diffusi e inni a Dioniso…

 

Lo so, siamo dei “girandoloni”, me l’hanno già detto in tanti… Ma a forza di percorrere le strade del Lazio e delle regioni limitrofe con il nostro “cavallino giapponese a due ruote”, io e Franz ci stiamo creando una cultura artistica, naturalistica, gastronomica ed enologica niente male!
Quelli che fino a poco fa erano per noi soltanto dei nomi scritti su una cartina geografica, stanno pian piano acquistando la realtà dei tanti paesi e dei volti di persone che abbiamo incontrato e da cui abbiamo appreso storie e tradizioni.
Anche domenica scorsa, nonostante il caldo africano che invitava a restare tranquilli sotto l’ombra di una pergola, abbiamo proseguito la nostra scoperta dei piccoli borghi nascosti che conservano le tradizioni e le vestigia del passato, questa volta percorrendo la via Appia in direzione sud, costeggiando l’affascinante borgo di Ninfa,le città di Sermoneta, di Sezze, le abbazie di Valvisciolo e Fossanova, cercando lungo il percorso di immaginare come fossero questi luoghi prima che l’asfalto, il cemento, le auto, il caos invadessero ogni angolo…
Ma di questi luoghi parlerò in qualche post futuro, perché oggi voglio soffermarmi sulla scoperta (davvero casuale, eravamo senza cartina geografica ed… ehm… abbiamo sbagliato strada!) di Castro dei Volsci, paesino antico ben conservato grazie all’ottimo restauro del borgo e delle antiche abitazioni. 
 
Per arrivare a castro dei Volsci dalla strada provinciale, si salgono un’infinità di curve a tornante, fino a giungere alla sommità della collina su cui è posto il paese e da cui lo sguardo si può estendere tutto intorno, a 360°, permettendo in una giornata serena e senza foschia di spingere lo sguardo fino alle vette appenniniche, abbracciando tutta la Ciociaria ed oltre.
Qui abbiamo scoperto una realtà turistica molto particolare, di cui avevo già sentito parlare come esperienza di ospitalità alternativa promossa in Friuli, ma che non immaginavo avesse preso piede anche nella nostra Regione: l’Albergo Diffuso. Intanto credo che sia opportuno spendere qualche riga per spiegare cosa non è un albergo diffuso: non è un villaggio vacanze, non è un albergo classico, non è un B&B, non è un agriturismo nè un’ostello… ma un po’ di tutte queste strutture unite assieme. In genere vengono ristrutturati edifici vuoti e case disabitate inserite nei borghi storici, trasformate in alloggi di charme che, tuttavia, mantengono l’impronta del passato, accentrando poi tutti i servizi che normalmente si troverebbero in un hotel (reception, sala soggiorno, ristorante, eventuali attrezzature sportive) in un complesso centrale o comunque vicini tra loro, in modo da permettere agli ospiti di calarsi nello spirito del luogo: è come diventare, per qualche tempo, abitanti del paese, e non solo ospiti, contribuendo a rivitalizzare paesi che altrimenti sarebbero destinati ad un lento spopolamento ed alla perdita di funzioni sociali.
E’ stata quindi una piacevolissima sorpresa imbatterci –  mentre eravamo alla ricerca di un locale dove pranzare e soprattutto aspettare che la canicola estiva ci consentisse di continuare il nostro vagabondaggio on the road – nell’Albergo Diffuso “La locanda del Ditirambo”, e provare le raffinate specialità proposte dal suo ristorante, che definire eccezionale è davvero poco.
Innanzitutto è gradevole l’accesso alla Locanda, inserita in un vicolo ombroso, ma è una volta aperta la porticina d’ingresso che si inizia a sorprendersi sempre di più: una abitazione calda ed accogliente, perfettamente restaurata, con alcuni muri a pietra e a calce bianca, tende nei toni dell’arancio e arredata mobili d’epoca. Gli scaffali e le nicchie mettono in mostra bei libri, bottiglie di vino, oggetti di design e di arte di pregio. Solo dopo, su internet, ho scoperto che tanta cura del particolare e dei dettagli ha origine dalla vita altra ” di Beatrice, una delle socie che ha avviato questa coraggiosa iniziativa che ci ha accolto con garbo e gentilezza ed è una esperta antiquaria.
 
 
La struttura centrale si sviluppa su due piani, con più sale adibite a soggiorno ed a ristorante: è qui che vengono serviti la colazione ed i pasti.

 
L’albergo diffuso di Castro dei Volsci dispone di sette stanze per un totale di 14 posti, inserite in tre distinti edifici tutti dotati di un salottino, che hanno il nome dei mestieri degli antichi abitanti (la casa della sarta, quella del fabbro, ecc.). La Locanda del Ditirambo ha anche un bel giardino-terrazzo, perfetto per le sere d’estate, in cui spesso si tengono concerti, eventi artistici e degustazioni.
Sin dall’inizio abbiamo avuto prova della cortesia della gestione: non siamo nemmeno entrati che immediatamente ci hanno portato una bottiglia di acqua fresca per ristorarci dal caldo!
Beatrice, in particolare, ci ha accolti con garbo e gentilezza e ci ha fatto comprendere quanta passione e creatività siano necessarie per la gestione dell’Albergo Diffuso. Ci ha anche spiegato che presso il ristorante della Locanda del Ditirambo viene privilegiata la produzione locale ed la produzione artigianale degli alimenti (pane, pasta, marmellate) e che viene posta particolare attenzione alla qualità degli ingredienti, tutti eccellenti, tant’è che la Locanda ha ospitato anche eventi Slow Food.
Difficile scegliere tra i piatti proposti nel menù, tutti molto particolari ed invitanti, e quindi abbiamo preferito scegliere i due menù degustazione (uno di carne ed uno di… baccalà) proposti a 35€ ciascuno e, senza esagerare troppo, sono stati talmente perfetti che ci hanno fatto entrare in una nuova dimensione della gastronomia (e di locali e ristoranti, anche rinomati, ne abbiamo davvero provati tanti…).
Solo per citare qualche pietanza assaggiata: carpaccio di baccalà con porri croccanti e pesche; caprese di bufala con pomodorini del Piennolo Vesuviano e gelato di basilico, tortelloni giganti con ricotta di bufala locale, zeste di limone e menta con pomodorini (foto)

strangozzi mantecati con  baccalà e pomodoro fresco (foto)

baccalà alla pofana (nel senso fatta alla maniera di Pofi, paese nelle vicinanze) con patate e rosmarino, rotolini di carne al ripieno di asparagi e carciofi (?) con contorno di fagiolini croccanti dell’orto. 
Per concludere, per dessert abbiamo scelto una pera cotta nel vino rosso accompagnata da gelato artigianale al finocchietto selvatico dall intenso aroma mediterraneo ed una mousse di ricotta di bufala con passato di crema di canditi d’arancia fatti in casa, serviti con falde di frolla. Da sottolineare che le porzioni erano adeguate ed il vino della casa, una bottiglia di Circeo rosso DOC “Riflessi” della azienda agricola Gabriele Pandolfo (ho segnato tutto, perché se la trovo in enoteca ne voglio prendere qualche bottiglia da bere a casa) ha  accompagnato con i suoi aromi fruttati tutto il pasto, che abbiamo concluso con un caffè ed un “arrivederci alla prossima volta”.

Il rientro a casa è stato lento, molto “caldo” (la temperatura segnava oltre i 40° all’ombra) e volutamente lungo (abbiamo percorso tutta la vecchia via Casilina, passando accanto a Ferentino, Anagni, Zagarolo), ma nonostante la stanchezza, la sensazione era di aver scoperto un posto da segnare e… segnalare!
A proposito, per chi non lo sa, un “ditirambo” era, nell’antica Grecia, un inno cantato e danzato in onore del dio Dioniso (fonte: Wikipedia).
 
Albergo diffuso “La locanda del ditirambo”
Via dell’Orologio, 11/A – 03020 Castro dei Volsci (FR)
Tel: (+39) 0775 662091, Fax: (+39) 0775 019828, Cell: (+39) 348 4037557
Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

2 Comments

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    Francesco Agosto 24, 2011

    se è davvero così è da non perdere; ci andrò sicuramente

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