Prossima fermata Monte Amiata: dalle faggete alle miniere di cinabro

Ogni volta che vado a Buonconvento, il paesino delle mie radici familiari, da lontano il Monte Amiata mi porge il suo benvenuto in terra toscana: appare massiccio, isolato, non troppo urbanizzato. Austero, mi verrebbe quasi da dire.
Solo affrontando le strade in salita che dalla via Cassia salgono fino alla cima, passando per i centri urbani di Arcidosso, Piancastagnaio, Vivo d’Orcia, Castel del Piano, Santa Fiore, Seggiano e Abbadia San Salvatore, si riesce a carpirne la vera natura di antico vulcano spento ed antico baluardo naturale contro gli eserciti nemici.
  Ed è proprio ad Abbadia San Salvatore che siamo stati negli scorsi giorni di festa: camminare lungo i vicoli del paese vecchio addobbati con i decori di Natale è stata un’esperienza molto piacevole, così come visitare l’antica Abbazia, fondata nel 700 d.C. dai longobardi e non distante da quella che era l’antica Via Francigena.
Nelle strade di Abbadia erano ancora evidenti i segni dei grandi fuochi (detti “fiaccole”) accesi nella notte di Natale, un’antica tradizione di origine pagana che la tradizione cattolica ha fatto sua come simbolo della Luce che arriva sulla Terra.
Abitata dagli etruschi e in seguito conquistata dai romani, che ne utilizzavano il legname delle faggete, l’Amiata è stata per secoli un territorio minerario: ricca di cinabro (che lavorato si trasforma in mercurio), era infatti una delle zone di estrazione del minerale più grandi d’europa, che dava lavoro a oltre mille uomini.
Solo a metà degli anni ’80 del secolo scorso le miniere hanno chiuso definitivamente e – grazie a anche ai fondi europei – è stato possibile trasformare i vecchi impianti di estrazione di Abbadia San Salvatore in un parco minerario con un museo annesso, dove è possibile ripercorrere la storia delle miniere e visitare – non prima di aver indossato il caschetto giallo con la luce di di sicurezza! – una delle vecchie gallerie (tranquilli: è stata completamente messa in sicurezza!) magari accompagnati dalle spiegazioni di uno degli ex minatori che vi lavoravano!
Un inciso necessario: il Monte Amiata è la “montagna di casa” per i senesi ed i grossetani. Una meta privilegiata in tutte le stagioni: in estate per fuggire dal caldo invadente delle campagne, in autunno per assistere alle tante feste organizzate per la raccolta delle castagne, in inverno diventa la base per escursioni con le ciaspole e le discese sulle piste innevate.
Generazioni di ragazzi (ed io sono tra loro!) hanno imparato a sciare sulla sua neve facile, prendendo la seggiovia dalle Macinaie per raggiungere la Vetta e poi ridiscendere sulle piste del Canalgrande, magari arrivandoci con i pullman organizzati dalle parrocchie!
Certo, la neve sull’Amiata è sempre una scommessa: non è detto che ci sia sempre e che se c’è sia in quantità tale da sciare senza dover ricorrere ai cannoni spara neve, dipende dagli anni: d’altra parte la montagna è un massiccio solitario che si eleva tra le colline e risente non poco degli influssi temperati del mare Tirreno, non troppo distante.
Se il freddo non vi piace troppo, non disperate: alle pendici del Monte Amiata trovate Bagni di San Filippo, piccolo borghetto di case dove sgorgano acque calde e salutari, incanalate per essere utilizzate nella piscina termale!
Ad Abbadia San Salvatore, per assaggiare la vera cucina locale, vi consiglio caldamente di prendere la macchina o la moto e seguire la strada verso la Vetta. A 6 km. dal paese troverete un gruppo di villette immerse nella faggeta e, sullo spiazzo da cui parte l’anello di fondo e che prende il nome di I° Rifugio, troverete un vecchio chalet montano, con un’insegna bianca e blu con su scritto Osteria.
Non abbiate timore ad entrare: anche se da fuori può sembrare chiuso, varcata la porta vi troverete in un ambiente familiare caldo, accogliente e arredato in stile montano, con il camino acceso e buona musica in sottofondo. Soprattutto, avrete l’opportunità di assaggiare piatti cucinati con vera arte da Clara, giovane cuoca estrosa, e presentati con entusiasmo da Damiano, sommelier del locale ed addetto al benessere totale della clientela.
Il tagliere con gli antipasti di territorio (che sono buoni e a km. zero) è in genere servito accompagnato da piccoli sfizi, come i carciofi con l’olio, le olive all’arancia, le aringhe al miele con le mele, che ci sono state fatte assaggiare dopo che Damiano aveva “captato” la nostra curiosità.
Le specialità del rifugio sono il coniglio all’agresto, il cinghiale, le fettuccine al Cibreo (sugo con i fegatini del pollo), la pasta all’Osteria con briciole di pane, pomodorini e sugo di arrosto, il ventricello di maiale (ripieno di macinato, salsicce, uova, cotiche, formaggio parmigiano e spezie), funghi, tartufi, cacciagione e … lumache! Cucinate in tanti modi diversi, se apprezzate il genere non resterete assolutamente insoddisfatti (ecco, sono onesta… io non ce l’ho fatta ad ordinarle!).
E la sorpresa non finisce qui: il conto finale di 26,5€ a testa per antipasti, primo, secondo, contorno, dolce, vino, acqua e grappino di arrivederci è decisamente corretto per il rapporto qualità/quantità!

Informazioni utili:
Osteria Primo Rifugio
Località Primo Rifugio, strada verso la vetta
Abbadia San Salvatore, Siena
tel. 0577.789705

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

1 Comment

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    Gua-sta Blog Dicembre 31, 2012

    e Franz sta sempre mangiando! Bei posti, come sempre sono quelli che ci descrivi così bene. TANTISSIMI AUGURI ANCHE A TE E FAMIGLIA!!!

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