#invasionidigitali

In Italia siamo talmente abituati a convivere con siti archeologici, musei a cielo aperto, tesori d’arte di valore inestimabile che nemmeno ci accorgiamo più del valore e del privilegio di poterne usufruire.
L’arte e la cultura sono il nostro pane ed anche il nostro companatico, nel senso che sono (meglio, potrebbero essere) fonte di sviluppo sociale e di crescita economica.
E se in questi tempi di crisi vi sembra poco…
 
La cultura, intesa in senso lato, può trasformarsi in un fenomenale attrattore di investimenti, in rampa di (ri)lancio del nostro affannato mercato del lavoro. Abbiamo un patrimonio immenso, che poche altre Nazioni possono vantare. 


Peccato che nel nostro Paese la cultura sia qualcosa di statico e obsoleto e vengano promossi quasi esclusivamente i grandi musei o i siti d’arte internazionalmente più conosciuti (che, grazie a questa loro vasta notorietà, potrebbero “far cassa” anche senza alcuna pubblicità!). 
Tranne rare eccezioni, i nostri “luoghi della cultura” sono freddi, privi di fascino e senza valide iniziative di richiamo. Difficile trovare, come invece accade in gran parte dell’Europa, percorsi di visita organizzati per argomenti tematici, con postazioni multimediali, servizi di divulgazione differenziati per fasce di utenti. E’ anche vero che il sistema italiano statale dei beni culturali paga le conseguenze di una eccessiva burocratizzazione dei ruoli. Avete mai provato a chiedere dettagli ai custodi dei musei? La risposta che vi verrà data, nella quasi totalità dei casi, è che non sono tenuti a dare informazioni! Oppure vi potrà succedere, come è accaduto a me al Palazzo Farnese di Caprarola, di partecipare ad una “visita accompagnata” (che ho scoperto poi essere ben diversa dalla “guidata”) con il custode che si è tassativamente rifiutato di dire alcunché sui luoghi che stavamo osservando, limitandosi ad aprire porte… 
Molti (troppi!) musei, ad esempio, non consentono di fotografare, men che meno prevedono la presenza della copertura wireless, mentre è oramai diventato usuale, grazie alle tecnologie condivise e rese fruibili a tutti, lo scambio di immagini tramite smartphone/tablet. Le opinioni, il passa-parola, lo scambio di esperienze oggi passano attraverso la rete ed i social media, siano essi Facebook, Twitter, Pinterest, Istagram o Google+. 
 
Siamo ancora mentalmente legati al concetto di bene culturale inteso come qualcosa di “altro”, dove l’utente è oggetto e non soggetto attivo, ed è quasi del tutto assente una visione innovativa, attiva e partecipativa del ruolo dei visitatori. 
Il gap tra le modalità di fruizione e le capacità di condivisione è oramai davvero enorme. Trovarsi in un museo o in un sito archeologico senza avere la possibilità di interagire, di partecipare ad una visita dinamica, non poter  condividere in tempo reale le emozioni e le sensazioni provate, diviene fonte di frustrazione e fa perdere la voglia di mettersi alla ricerca di nuovi “luoghi della cultura”.
E penalizza, non poco, tutte quelle realtà minori che invece avrebbero molto da offrire a turisti ed appassionati, in un circolo vizioso che rischia di impoverire il valore complessivo del nostro patrimonio culturale. 
#invasionidigitali è l’iniziativa ideata da Fabrizio Todisco in collaborazione con i bloggers di #iofacciorete, Officina turistica, Instagramers italia e l’Associazione nazionale piccoli musei per organizzare, nella settimana dal 20 al 28 aprile 2013, tanti piccoli eventi, vere e proprie invasioni pacifiche presso musei e luoghi d’arte italiani, con l’obiettivo di diffondere la cultura dell’utilizzo di internet e dei social media per la promozione e diffusione del nostro patrimonio culturale. 
Le #invasionidigitali sono rivolte a bloggers, instagramer, appassionati di fotografia, persone attive sui social media e a tutti coloro che hanno a cuore il futuro della cultura, saranno organizzate secondo la formula di mini blogtour: sarà possibile partecipare ad una delle invasioni in programma (trovate qui l’elenco, sono davvero tante!) o potrete proporvi per organizzarne liberamente una. La partecipazione alle “invasioni” sarà  totalmente gratuita,  ad eccezione di eventuali biglietti di ingresso. 
Tutti gli “invasori” potranno condividere i loro contenuti utilizzando il tag #invasionidigitali attraverso i canali social: Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest & Youtube. Tutti i contributi  saranno poi aggregati sulla pagina web di #invasionidigitali.
In particolare, gli organizzatori chiedono di realizzare un breve filmato (anche tramite smartphone) della durata di non più di 3 minuti, in cui ogni partecipante dovrà esprimere il suo modo di concepire il “museo”. Il materiale raccolto sarà utilizzato per creare un video dedicato alla promozione del patrimonio culturale italiano. 
E’ un progetto innovativo, un modo diverso di fare cultura che parte dal baso e che può trasformarsi in un momento di incontro, di condivisione ed anche di festa, adatto a tutte le età. 

E le giornate di ponte festivo ben si prestano ad andare alla scoperta di posti nuovi! 

 

 

 

Volete saperne di più?

 

Vi invito a leggere il Manifesto di #invasionidigitali, a firmarlo se lo condividete e… a scegliere a quale invasione partecipare!

 

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

4 Comments

  1. Avatar
    acasadiclara Aprile 05, 2013

    è una bellissima iniziativa. sono un’ex archeologa e da sempre combatto per la cultura per tutti (anche se alcuni non se la meritano) e sopratutto di recente per la cultura per i bambini.

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  2. Avatar
    emanuela bonini Aprile 04, 2013

    Ben vengano tali iniziative…grazie Claudia per la condivisione ben spiegata e dettagliata!
    A presto
    Emanuela

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  3. Avatar
    Alessandra Aprile 04, 2013

    Argomento che mi sta molto a cuore. Come archeologa, guida turistica e sarebbe-bello-manager culturale combatto contro la mentalità italiana da sempre. Eppure non voglio perdere le speranze e continuerò a far qualcosa nel mio piccolo.
    Un tipo conosciuto al master dice che è ora di smettere di pensare al “patrimonio” culturale. E di cominciare a considerarlo “capitale” culturale.

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