Le Prime Nazioni canadesi: incontro con gli Ilnu del Quebéc

Tornata oramai da un paio di giorni da un viaggio entusiasmante che ci ha fatto  immergere nelle foreste del Canada per osservare da vicino orsi e caribù, solcare  il fiume San Lorenzo per osservare le balene e percorrere 3.800 km. di strade punteggiate da deliziose cittadine, sono ora nel bel mezzo dell “Effetto Québec” e della conseguente sindrome da pagina bianca: da dove inizio a raccontare?
Vorrei scrivere di tutto e di tutti, raccontare ogni secondo trascorso nella terra degli aceri e delle alci ma mi rendo conto che è impossibile condensare le emozioni forti che ancora mi colmano il cuore.
Eppure, un inizio c’è. Non cronologico, perché in realtà connesso ad un incontro avvenuto a metà del nostro itinerario, tuttavia rappresenta le radici stesse del territorio canadese, del popolo originario che abitava l’immenso territorio, ben prima che Jacques Cartier nel 1534 piantasse la sua croce sulla penisola di Gaspè o che Samuel de Champlain, nei primi anni del 1600, esplorasse la regione su richiesta del Re di Francia.
L’incontro con gli Ilnu, uno dei popoli che fanno parte dell’insieme delle Prime Nazioni – così vengono definiti gli appartenenti alle popolazioni amerinde – è avvenuto sul Lac Saint-Jean in un luogo dal nome per me impronunciabile, Mashteuiatsh, a 6 km. di distanza dalla città di Roberval. Come tutte le riserve canadesi, può contare su uno statuto autonomo che le consente di avere un proprio organismo amministrativo, scuole, servizi di polizia e di vigilanza.
Mashteuiatsh è stata fondata nel 1856 con il nome per me altrettanto difficile di Ouiatchouan e si tratta della più antica comunità Ilnu, che furono definiti dai colonizzatori francesi come “Montagnard”, gli uomini delle montagne.
Non vi aspettate però di entrare in un campo di tende, di te-pee o ancor meno di baracche: Mashteuiatsh è una graziosa cittadina, con strade che portano i nomi degli animali della foresta e belle case curate con giardini fioriti, affacciata sul grande lago che, fino a pochi decenni fa, era denominato con il nome Ilnu di Pekuakami. Tra coloro che vivono nella cittadina e chi abita nei suoi dintorni, la comunità può contare su circa 5.000 appartenenti alla Prima Nazione Ilnu, impegnati in attività economiche, artigianali, turistiche o legate ai servizi e giustamente ben orgogliosi delle proprie radici, che affondano nel tempo fino a oltre 5.000 anni fa.
A  Mashteuiatsh mi sono commossa, come poi mi accadrà ancora un paio di volte nel viaggio in Québec: abbiamo incontrato donne, anziani, ragazzi, ognuno a suo modo orgoglioso e fiero di far parte del popolo Ilnu, ed ho apprezzato infinitamente la loro grande disponibilità nel raccontare e condividere la propria storia, non sempre facile, e la voglia di incontrare chi viene da lontano.
Spesso il turista viene in Québec per la sua natura strepitosa ma si dimentica di rendere omaggio, e soprattutto di ascoltare, chi di quella natura è il vero conoscitore. Ed è encomiabile che a Mashteuiatsh si sia creato non solo un Museo, ma anche un carrefour di accoglienza, dove poter incontrare gli anziani Ilnu, apprendere il loro modo di vivere e di concepire lo scorrere del tempo, il loro rapporto ancestrale con la natura e con gli animali della foresta.
Il nostro itinerario alla scoperta delle tradizioni Ilnu ha preso avvio proprio nel Museo nativo di Mashteuiatsh, dove siamo stati accolti dall’energia e dalla grande cortesia di Denise Nardino Robertson: di lontane origini italiane (il bisnonno era nato a Bologna) e moglie di un Ilnu, ci ha fatto da guida presentandoci le esposizioni permanenti e temporanee: domande, risposte, ancora domande… la vita degli Ilnu è talmente affascinante che non si finirebbe mai di volerne sapere di più!
Una volta entrati nel Museo, la visita prende avvio con un filmato di una ventina di minuti, essenziale per comprendere le abitudini e le abilità degli Ilnu: capaci cacciatori e pescatori abituati a trasformare in utili strumenti quel che la natura offre (pelli, ossa, pietre, rocce), grandi conoscitori dei territori e delle tracce degli animali. Un Ilnu non teme il freddo, la neve o il ghiaccio, ma li utilizza a suo favore. Capaci di costruire capanne e ripari, ancora oggi gli Ilnu utilizzano tecniche affinate nei secoli per cacciare gli orsi ed i caribù, che scuoiano con abilità per ottenerne pellicce e pelli pregiate. Ciascun Ilnu ha infatti tutt’ora il diritto ad uccidere ogni anno un caribù ed un orso e se a noi europei “animalisti” ciò può creare un certo disagio, abituati come siamo a considerare gli orsi animali tutelati e protetti, vi assicuro che una volta entrati nello spirito del luogo e nelle tradizioni, la caccia non sembra essere più così orribile.
La visita al Museo continua ammirando le riproduzioni di ambienti di vita Ilnu e osservando gli stupendi manufatti artigianali dove vestiti di pelle ricamati, copricapi piumati, morbide scarpe, ornamenti “catch-dream”, legni e ossi scolpiti riescono a far comprendere al turista-visitatore lo stile di vita di questa Prima Nazione. Da segnalare che nel Museo viene posta grande attenzione ai giovani visitatori, con attività dedicate ai bambini ed ai ragazzi.

Il Museo, oltre all’esposizione permanente, ha un settore temporaneo dove vengono esposte opere d’arte contemporanea di rappresentanti della comunità Ilnu: noi siamo stati decisamente fortunati perché quando lo abbiamo visitato era in esposizione la collezione di quadri di Sarah Cleary, un grande inno alla vita attraverso i colori vibranti che caratterizzano le sue opere. La stessa artista è anche l’autrice del grande pannello (acrilico su legno) sulla vita e le tradizioni degli Ilnu, esposto presso il Centro di Accoglienza.

Se una visita al Museo è indispensabile per comprendere la storia e le abitudini degli Ilnu, la scoperta della riserva di Mashteuiatsh non può dirsi completa senza la visita al Carrefour di accoglienza Uashassihtsh.
Una volta entrati, verrete salutati con “Kuei!”, ovvero la parola Ilnu che significa “buongiorno, ciao” e quindi vi troverete in un grande salone con elementi informativi da cui si accedere in un ampio spazio all’aperto dove è ricostruito un villaggio Ilnu: tende, capanne, punti di ritrovo… qui gli Ilnu, grandi e giovani, si trasformano molto volentieri in guide e mentori per i turisti e per coloro che vogliono saperne di più sulle loro tradizioni e sul loro modo di vivere.
Scoprirete che il pane preparato sul fuoco è assai più buono di quello che siamo abituati a mangiare, che dormire in una tenda su un “materasso” fatto di rami di abete può essere una profumatissima esperienza, che ricamare la pelle di caribù è estremamente difficile e richiede abilità, che dalle ossa di un animale, non importa se bufalo, orso o caribù, si possono ottenere strumenti di lavoro utili, che dai rami degli abeti si ricavano pagaie e che le tende possono essere di diverse forme, non solo tepee ma anche yurte che richiamano le tende mongole. A proposito: sapevate che i progenitori dei nativi americani provenivano dall’Asia e sono transitati nell’America del Nord  attraversando lo stretto di Bering?
E se osservare le tecniche di lavorazione è interessante, ancor più lo è ascoltare i racconti degli anziani (la lingua usata, oltre al Nehluen ovvero la lingua autoctona, è il francese, ma qualcuno parla un ottimo inglese): sguardi intensi, volti segnati dal sole e dal vento e mille parole che scaldano il cuore. Se poi uno di loro ti fa sedere su una sedia “regale” e si fa fotografare con te, non puoi far altro che emozionarti e sentire che qui, in questo luogo proteso nel grande lago, resiste ed è viva la storia più antica del Canada.
Prima di essere Québec, ancor prima di essere “Nouvelle France” – come gli esploratori francesi chiamarono la nuova colonia – i territori canadesi erano patrimonio dei popoli nativi, quelli che spesso siamo erroneamente abituati a chiamare a causa dei troppi film western, “indiani d’America”. I popoli delle Prime Nazioni, come è più corretto indicare, erano i fieri e nel contempo pacifici abitanti delle sconfinate distese, abilissimi cacciatori e grandi conoscitori della natura.
Nonostante gli iniziali commerci con i francesi (e all’epoca lo scambio non era certo alla pari: un fucile in cambio di innumerevoli pellicce) e la successiva integrazione sociale, scolastica e culturale i popoli delle prime nazioni non hanno dimenticato la loro storia, che volentieri condividono con chi ha voglia di conoscerla.
E per chi vuole saperne di più su come si pronunciano i nomi difficilissimi, il sito della Comunità potrà venire in aiuto!
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Mashteuiatsh si trova nella provincia di Saguenay-Lac Saint-Jean, sulla sponda occidentale del Lac Saint-Jean e dista da lla principale città della provincia, Chicoutimi/Saguenay, 110 km. Si raggiunge percorrendo la strada 169.
Da Tadoussac (meta privilegiata di molti turisti italiani in quanto si tratta di un luogo favorevole all’avvistamento delle balene) si raggiunge percorrendo tutta la via dei fiordi fino a Saguenay e quindi di nuovo percorrendo la strada 169.
Il Museo è aperto da maggio ad ottobre giornalmente dalle 9.00 alle 18.00, mentre nel periodo invernale dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 13.00 alle 16.00. Biglietti di ingresso base per il Museo ed il Carrefour di accoglienza Uashassihtsh $ 20,00 (previste riduzioni).
Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

4 Comments

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    Alessandra Agosto 20, 2014

    Cara Claudia, credo di capire le tue emozioni – leggendoti mi sono commossa. Amo e rispetto profondamente ogni espressione della Prima Storia di un popolo, e spero di incontrare presto i popoli delle Prime Nazioni e di farmi accompagnare nella loro storia.
    Aggiungo un mio pensiero molto personale: come europea mi vergogno tantissimo della colonizzazione d’età moderna di quelle (e di altre) terre. Ho sempre creduto che nessun popolo possa considerarsi superiore a un altro e che il grado di civiltà di un popolo non si misura da ciò che fa, ma da come lo fa.

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    Annalisa Guarelli Agosto 20, 2014

    Bellissimo, aspetto il resoconto di ogni cosa! Che viaggio magnifico avete fatto….

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    Claudia Agosto 20, 2014

    bellissimo reportage, come sempre 🙂

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    Anna Agosto 20, 2014

    Kuei Claudia, che bel viaggio avete fatto! Un abbraccio.

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