Cos’è un blogtour. Parliamone insieme

Sono amore ed odio. Vetrina professionale e stress fisico. Impegno e goliardia. Sicuramente, “un paio di chili di troppo al rientro” (citazione Trippando). Chi scrive di viaggi su un blog lo sa bene, prima o poi capita di essere invitati ad un blogtour (BT). E chi segue i post dei blog-viaggiatori spesso si trova a leggere resoconti mirabilianti di viaggi da “epicurei attivi”.

Ma se voi non siete dentro al mondo dei travel blogger probabilmente non sapete nemmeno cos’è un BT (e forse nemmeno ve ne interessa, se non per pensare “‘anvedi quelli che vanno ‘n giro aggratisse!” – passatemi il vernacolo romano che rende l’idea…).

Quindi come prima cosa cerchiamo di dare una definizione di blogtour: neologismo nato per definire viaggi organizzati da enti, pro-loco, strutture turistiche, associazioni di categoria con il fine di promozione e pubblicità. In alcuni contesti (viaggi per docenti, giornalisti, agenti di viaggi ed affini), possono anche assumere di volta in volta il nome “educational” o “press tour”.

Cosa si fa in un blogtour?
Fondamentalmente, si testano le eccellenze di un luogo o di una o più strutture alberghiere, cercando di trarne le maggiori informazioni da trasformare, una volta a casa, in post da pubblicare. Nel blogtour ha grande rilievo la componente emozionale: anche per questo in quasi tutti i programmi sono sempre presenti attività coinvolgenti e molto spesso esclusive.

E qui arriva la prima vostra domanda (lo so che state per farla, lo sento…): se i travel blogger sono invitati e non pagano, se viene loro mostrato “er mejo der mejo”, se i ristoranti che li ospitano li rimpinzano di leccornie nemmeno fossero tacchini in attesa del Thinking’s day, quanto saranno “veritieri ed onesti” – per dirla secondo la legge scout – i post che poi scriveranno?

I travel blogger non sono una figura professionale sottoposta a vincoli e la deontologia professionale è ancora tutta da inventare. Sicuramente chi è invitato ha più remore a parlar male di un posto che non lo ha soddisfatto, ancor meno se – oltre all’invito – nel blogtour è previsto un rimborso spese o un gettone di presenza. Molto è rimesso ai singoli blogger ed alla loro correttezza e professionalità, all’etica personale a dirla tutta. Tuttavia difficilmente in un blogtour si vedranno aspetti negativi, in quanto vengono messi in mostra i “gioielli della Corona” dei territori e delle strutture: saranno sicuramente utilizzate le stanze più belle e la brigata di cucina sarà chiamata a dare il massimo per proporre pietanze squisite e scenografiche, che renderanno il meglio nelle tante foto che verranno scattate e poi divulgate sui social.

Uhm… sento che arriva ancora una domanda… se nei blogtour viene mostrato il top, non è comunque un’esperienza falsata quella che viene poi condivisa con i lettori?

Anche qui, molto sta alla capacità di analisi ed alla sensibilità dei singoli partecipanti: se si è viaggiatori “veri” si comprende senza fatica quando l’esperienza è costruita ad hoc e se quel che sembra brillare è invece solo una spruzzata di glitter.

Cosa si fa in un blogtour?
non immaginate vacanze tranquille o week-end pigri sotto l’ombrellone: in genere, oltre a scattare foto a raffica (indispensabili per arricchire i post del ritorno), condividere immagini su Istagram, lanciare tweet in diretta su quel che si sta vedendo o facendo – il cosiddetto live twitting – o postare messaggi su Facebook per raccontare l’esperienza ai follower attraverso piccoli dettagli coinvolgenti, le giornate sono organizzate al minuto in una scaletta che prevede visite culturali, incontri istituzionali, attività sportive, esperienze gastronomiche, laboratori esperenziali. I ritmi sono serrati e davvero non c’è tempo per il relax (e, comunque, quando c’è è mirato a promuovere il territorio!).

Arriva la domanda… ma se è così stressante, impegnativo e stancante, perché i blogger “se vennerebbero a’ mammà” per partecipare ad un blogtour?

Premesso che non sempre e non tutti i blogger bramano di partecipare a blogtour – i motivi sono vari e tanti quanti sono i blogger: indisponibilità di tempo, esigenza di viaggiare in autonomia seguendo i propri ritmi anziché essere obbligati a seguire un programma predefinito, volontà di non dover rispondere a nessuno di quanto si scrive, ecc. – una delle molle che spingono a partecipare ai BT è l’opportunità di poter vedere un luogo nella sua integralità, assorbendone i pregi, gli eventuali difetti e le potenzialità. Poter parlare con chi nel luogo ci vive, lavora, investe. Vivere esperienze emotivamente coinvolgenti, seppur privilegiate, da trasformare in parole. Non ultima la possibilità di confronto con altri blogger partecipanti e con gli operatori del turismo e delle istituzioni.

Chi partecipa al blogtour?
Travel blogger, più o meno giovani, più o meno fotogenici, più o meno avventurosi e disposti a “farsi strapazzare” in attività adrenaliniche. Scelti in base a dinamiche non generalizzabili e sempre diverse stabilite dagli enti e dalle agenzie di comunicazione (capacità di scrittura, popolarità, follower, social engagement, conoscenza del territorio, numero di utenti che accedono ai rispettivi blog e, ammettiamolo, talvolta in base a rapporti di amicizia con gli organizzatori…). Assai spesso sono ragazze: sarà perché la maggioranza dei travel blogger attivi sui social sono donne?
Qual è l’incubo del blogger che partecipa ad un blogtour?
Credo che non ci sia nulla di più pesante da sopportare che lo star troppo seduti a tavola. E’ vero che la gran parte delle emozioni sono mediate attraverso il senso del gusto e che ogni destinazione ha le sue specialità che devono – assolutamente! – essere assaggiate, ma si arriva a casi limite in cui non si fa in tempo a fare colazione che già si deve partecipare a degustazioni, quindi a spuntini, aperitivi, pranzi, merende, cene luculliane. Lo confermo: i BT non sono attività per inappetenti…

Altro incubo ricorrente, gli spostamenti chilometrici da un luogo all’altro, ore passate su pullmini o auto per raggiungere località sperdute distanti dalla base, dove talvolta non c’è nulla o quasi che giustifichi tanta strada.

Come può un blogtour migliorare l’immagine e supportare il marketing di una località, portando revenue a chi lo organizza e lo promuove?

Il primo fine di un blogtour è parlare di una destinazione, affascinare il turista ed il visitatore, convincerlo che quel luogo merita una sua visita, che deve assolutamente vedere con i suoi occhi quello di cui sta leggendo. Raccontarlo attraverso la scrittura, le immagini, la condivisione di esperienze e specificità e promuovendo le sue offerte attraverso i canali della comunicazione digitale e tenendo alta l’attenzione anche nei mesi successivi. E, perché no, creare contenuti che potranno poi essere riutilizzati per campagne di promozione e comunicazione  tradizionale (non dimentichiamo, non tutti ancora usano internet).

Il blogtour è un volano potente ma è impensabile immaginare che da solo possa cambiare le sorti di una destinazione. Che dal giorno dopo gli hotel  siano full. Se è questo lo spirito con cui si organizza un blogtour, siamo fuori strada. Il blogtour è un diesis su una partitura fatta di note, un mezzo, non un fine o una soluzione. E come mezzo deve essere inserito in un progetto più ampio e definito, in cui siano chiari target, mission, risultati auspicati e in cui siano coinvolti tutti gli attori che ruotano attorno ad una destinazione. Dagli operatori di settore alle istituzioni.
Come giustamente scrive Eleonora Tramonti nel suo post su Elettrixweb (leggetelo, è ricco di spunti di riflessione) “le cose vanno fatte sempre con l’intenzione di raggiungere un obiettivo”.

Qual’è il rischio dei blogtour?
Se il blogtour non è ben calibrato, se non vi è tempo fisico per metabolizzare esperienze, se il programma è troppo preconfezionato, il rischio è che i post del ritorno – la moneta sonante con cui i blogger ripagano l’ospitalità e l’accoglienza – siano fotocopia l’uno dell’altro. Un altro rischio, se alla base non vi è un progetto globale di promozione, è che il blogtour resti un’isola nel mare. E quindi inutile, perché l’isola ha bisogno di ponti e collegamenti. Ancora, che il blogger prescelti non abbiano le caratteristiche più adatte a promuovere la destinazione per incapacità di influenzare i lettori con le parole, per troppi impegni simili che impediscono di seguire con attenzione ogni singola meta.

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Conclusioni
Lo ammetto: anche io ho partecipato a qualche BT (se siete curiosi potete leggere dove e come nella mia pagina about me & contact), poca roba in confronto a ciò che spesso vedo in rete, blogger che addirittura sono a rischio di sovraesposizione mediatica. Ed anche io qualche domanda di tanto in tanto me la pongo, sui blogtour e sulla scelta di chi fa parte dei singoli team. Le risposte a volte arrivano, altre no.

Di certo, qualche certezza c’è:

  1. non si apre un blog per partecipare ai blogtour;
  2. il blogtour può essere un’esperienza interessante perché permette di vedere aspetti di un luogo che talvolta e’ difficile scoprire da soli;
  3. un blogtour è un momento di incontro e di confronto con altri blogger, con le istituzioni e gli attori del turismo;
  4. in un blogtour si baratta la propria libertà di viaggiare con la possibilità di vivere esperienze esclusive;
  5. si cresce come blogger e il blog assume autorità solo scrivendo, creando contenuti validi, facendo esperienze da viaggiatori autonomi, mettendo le basi di un’opinione strutturata e personale.
Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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