L’Arcipelago della Maddalena e la casa di Giuseppe Garibaldi a Caprera
Una prospettiva allettante, vero? Peccato che la gran parte delle isole le vedrete dall’acqua, tranne qualche piccola sosta in calette sovraffollate – i tour sono fotocopia l’uno dell’altro ed alla fine i luoghi adatti per lo sbarco, quelli sono – dove vi sarà consentito fare un veloce bagno in attesa che venga servito il “pranzo del capitano”, pasta allo scoglio e fette di formaggio, quasi sempre incluso nel prezzo. Che, va detto, per un’intera giornata di mare, è onesto e abbordabile (tra i 40 ed i 45 euro a persona – dato 2014).
Volevamo camminare sui sentieri dell’isola che è Storia, quel lembo di terra in cui è vissuto per oltre 20 anni un visionario e un avventuriero, un eroe folle, un uomo che è riuscito a dar vita all’Italia mettendo insieme un puzzle di staterelli irrilevanti sparsi lungo lo stivale, combattendo affinché Roma ne divenisse la Capitale.
Volevamo vedere la casa di Giuseppe Garibaldi a Caprera, conoscerlo attraverso i luoghi dove aveva vissuto, lavorato, amato, sofferto.
Rimandata al pomeriggio la visita all’isola della Maddalena, ci siamo diretti immediatamente all’isola di Caprera (facile trovare la strada, basta seguire le frecce segnaletiche!), collegata con La Maddalena da un piccolo ponticello che rende le due isole una sola entità.
Tuttavia se La Maddalena e’ aspra e brulla, il paesaggio roccioso interrotto da edifici moderni che soprattutto nel capoluogo avanzano invadenti nella baia, Caprera è odorosa di resina e verde di pinete, che ne ricoprono ampi tratti.
Percorrere le strade strette e tortuose che la attraversano, costeggiare le falesie di granito, sostare sotto i pini antichi cambia totalmente la dimensione in cui si affronta la visita e da turisti spavaldi e invadenti si diviene ospiti rispettosi. La strada che porta alla casa di Giuseppe Garibaldi a Caprera, ora museo, non è meno angusta: quando si incrociano due auto che provengono in senso contrario il passaggio diventa difficile.
Arriviamo talmente presto che il Museo è ancora chiuso. Meglio, il silenzio della mattina è tutto per noi ed abbiamo tempo per guardarci intorno. Fa strano pensare che poco più di 150 anni fa qui viveva il protagonista dello sbarco a Marsala, il capitano coraggioso che con 1000 uomini animati di insana follia e vestiti di camicie color del sangue percorse, impetuoso come un tornado, il Meridione, affrancandolo dai Borboni; lo stesso uomo che a Teano rimise nel fodero la sciabola e consegnò onori, speranze e territori a Vittorio Emanuele II ritirandosi qui, in questa isola lontana dalle trame di Palazzo e dai rumori della politica.
Prima dell’ingresso giace adagiato sulla roccia un pino centenario. Intorno microscopici appezzamenti di terreno, qualche albero di olivo, vitigni stenti e oramai improduttivi. Tracce di una vita normale, dedita all’agricoltura ed al sostentamento della famiglia. Ed agricoltore lo era davvero, Garibaldi. Aveva conosciuto in Argentina la struttura agricola delle fazendas, grandi appezzamenti terrieri autonomi ed autosufficienti e cercava di ricrearne una anche a Caprera. Non stupitevi quindi se, varcato il cancello verde che immette nel cosiddetto “compendio garibaldino”, ci si trova sull’aia di una piccola fattoria in stile sudamericano. Le pareti bianche dei magazzini, delle stalle, delle officine e la casa padronale creano un mondo racchiuso e sicuro.
Non deve essere stata facile la vita a Caprera 150 anni fa: le pinete ancora non c’erano o, almeno, non così estese (sembra che i primi pini furono piantati proprio da Garibaldi), il terreno granitico rendeva difficile lo sfruttamento agricolo, eppure… per ogni necessità il Generale trovava la soluzione.
Manca l’acqua? Si costruisce una grande cisterna sotterranea dove fare confluire, con un ingegnoso sistema di condotte, le acque piovane. C’è bisogno di maniscalchi, fabbri, falegnami? Nei magazzini c’è ogni attrezzatura utile ed indispensabile per la gestione e la manutenzione della fattoria. C’è bisogno di una macina per il grano? Si costruisce un mulino a vento. Quest’ultima miglioria non fu coronata da successo, in realtà: i forti venti che spirano sull’arcipelago della Maddalena strapparono più volte le pale, facendo alla fine desistere Garibaldi dall’impresa.
Visitando la Casa Bianca si scopre un Garibaldi umano, semplice, capace di improvvisarsi manovale, contadino o allevatore, che dopo i viaggi e le battaglie ritrova a Caprera una dimensione familiare. Nella casa di Caprera viveva con la terza moglie Francesca Armosino e i figli Clelia, Manlio, Ricciotti, Menotti e Teresita e una moltitudine di nipoti che di tanto in tanto trascorrevano periodi sull’isola. E’ una dimensione domestica, con ritmi ed abitudini familiari quella che appare a chi visita la casa-museo.
Ma non abbiamo finito, manca ancora un omaggio per concludere il percorso di visita. Un sentiero in mezzo all’oliveto porta al piccolo cimitero di famiglia, fino al cospetto del suo sepolcro austero, ricavato da un blocco di granito grezzo locale, dove Garibaldi sogna ancora battaglie e conquiste, circondato dalle tombe dei figli e della moglie Francesca.
Non ci sono riferimenti all’Eroe dei due mondi, al padre della Patria; non ci sono bandiere, corone o picchetti d’onore, men che meno fiaccole o lanterne ad illuminare la solitudine di Giuseppe. Solo il suo nome, scolpito nel granito di Sardegna.
0 Comments
No comments!
There are no comments yet, but you can be first to comment this article.