Frantoi Aperti: a Piegaro lungo i colli del Trasimeno

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Arrivare in Umbria per seguire gli eventi della manifestazione “Frantoi aperti” è sempre una festa: anno dopo anno i programmi messi a disposizione dei visitatori diventano più ricchi, si amplia il numero dei frantoi coinvolti, la monotonia e la ripetitività sono parole che non trovano mai spazio. Quest’anno, per pura casualità, siamo stati in uno dei territorio appartenenti alla Strada dell’Olio DOP dell’Umbria che ci era poco noto: quello in cui viene prodotto l’Olio DOP Umbria – Colli del Trasimeno.

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Non solo la bella e conosciuta Castiglion del Lago, la cui sagoma si protende nel Trasimeno, ma tutti i piccoli borghi che sorgono a breve distanza dal grande specchio lacustre nascondono dei tesori che aspettano soltanto di essere scoperti… e qualcuno è così gelosamente nascosto che ben pochi ne hanno notizia!

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La nostra “base operativa”, annidati tra i colli e lontana dal caos, è stata Pietrafitta, amena frazione di Piegaro.  Qui abbiamo soggiornato presso la Casa Vacanze “Il Piccolo Noce“, di cui vi lascio solo una foto ma che ben presto diverrà protagonista di un post dedicato: sappiate solo che, grazie a Milena e Klaas ed al loro entusiasmo travolgente, ci siamo sentiti a casa come forse non ci è mai successo fino ad oggi nei nostri numerosi viaggi e soggiorni.

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Per l’organizzazione di questo itinerario speciale alla scoperta dell’Umbria più vera e dei sapori più genuini è stata coinvolta in prima fila la blogger umbra Fabiola di In viaggio con Fabila, che ci ha organizzato un programma fitto e bellissimo accompagnandoci alla scoperta della sua terra: dalla mattina del sabato fino al momento di lasciare l’Umbria domenica pomeriggio, non abbiamo avuto un solo momento per annoiarci!

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Pietrafitta merita qualche riflessione, innanzitutto: forse molti di voi ne avranno sentito parlare per la presenza della centrale termoelettrica dell’Enel che, a dir la verità, mi è sembrata alquanto inquietante con le sue doppie turbine in cemento grigio che si stagliano sul paesaggio bucolico della zona, coltivato a grano e ad oliveti. Ma forse ben pochi sono a conoscenza che proprio grazie alla costruzione della centrale elettrica (1958), il giacimento di lignite che fino al 2001 alimentava le turbine – successivamente riconvertite ad alimentazione a gas metano – ha restituito reperti fossili risalenti al Pleistocene inferiore: non solo piccoli scheletri di vertebrati o di rettili ma anche grandi ossa di mammuth meridionalis che vivevano in questo territorio.

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Della vecchia attività estrattiva restano nei campi, simili a giganti moribondi, le enormi strutture metalliche che servivano a portare la lignite dalla miniera direttamente in centrale: contrasto tangibile tra archeologia industriale e contesto agricolo che sintetizza la storia economica e sociale di Pietrafitta.

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La prima meta dei nostri “Frantoi Aperti”, ancor prima di assaggiare una saporita bruschetta con l’olio dei Colli del Trasimeno, sarà proprio il locale Museo Paleontologico intitolato a Luigi Boldrini, minatore autodidatta che per primo intuì il grandissimo valore scientifico dei ritrovamenti casuali che venivano portati alla luce dai minatori mentre estraevano la lignite destinata ai forni della centrale e che, per tutta la sua vita, continuò a ispezionare i giacimenti salvando, dalla sicura distruzione, migliaia e migliaia di reperti, alcuni di grandissimo valore scientifico, che fanno della collezione di Pietrafitta una delle più importanti a livello europeo. Il Museo, collocato in una moderna struttura, accoglie soprattutto scolaresche e ricercatori ed è aperto al pubblico, purtroppo, soltanto dal venerdì alla domenica. Se avete intenzione di visitarlo (fatelo, perché ne vale davvero la pena!) vi conviene telefonare e verificare se è possibile assistere ad una visita guidata con il paleontologo, che vi permetterà di scoprire ogni più recondito segreto dei reperti. Si resta sbalorditi vendendo le zanne enormi che giacciono nelle “culle”, gli alloggiamenti in cemento che mostrano i reperti più belli, disposti a cerchio sotto la cupola del museo, che ricorda una astronave spaziale: se ci pensate bene, i ritrovamenti fossili arrivano davvero da un lontano spazio-tempo!

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L’ avvio culturale dell’itinerario e la grande curiosità per i ritrovamenti di Pietrafitta non ci hanno tuttavia distratto dalla nostra missione: andare alla scoperta dell’olio umbro e dei tanti frantoi che in questa zona operano. Ci aspettano infatti alla Cooperativa Oleificio Pozzuolese di Pozzuolo di Castiglion del Lago. Una realtà associativa che può contare su decine e decine di produttori, grandi e piccoli, che conferiscono le loro olive al frantoio. Solo le migliori verranno destinate alla produzione dell’olio a marchio “Cooperativa Oleificio Pozzuolese”, che garantisce un’alta qualità del prodotto, con livelli di acidità bassissimi, ricco di preziosi polifenoli e vitamine.

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L’esperienza della Cooperativa – le olive conferite al frantoio vengono lavorate al massimo entro 48 ore dalla consegna utilizzando il processo di estrazione a freddo – ha permesso che anche quest’anno, vero annus horribilis per l’olivicolutura italiana ed europea, in cui molti frantoi sono fermi per l’inutilità di lavorare olive colpite dalla mosca dell’olio (un inverno poco caldo e un’estate troppo umida hanno consentito il proliferare dell’insetto), venisse prodotto una quantità di olio che, seppur in quantità estremamente limitata, risponde ai parametri più stringenti di qualità organolettica. Trattamenti mirati e controllati, una raccolta anticipata ma soprattutto la forza dell’esperienza della cooperativa – che prosegue la sua attività durante tutto l’anno attraverso incontri di formazione ed aggiornamento per gli associati – ha consentito di ottenere risultati.

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Una visita ad un frantoio, seppur fermo (certo, ci è mancato quest’anno il clima gioioso e scanzonato che si respira attorno alle macine, il rumore incessante delle tramogge, il via-vai dei trattori che portano le cassette piene di olive) non sarebbe tale senza un assaggio di olio ed alla Cooperativa Pozzuolese abbiamo scoperto grazie al Presidente Sergio Maneggia con cui abbiamo condiviso il pranzo, un modo diverso di fare le bruschette con l’ “olio buono”: non accompagnate dal pomodoro o dal patè di olive ma… da una succosa fetta di arancia!

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Nel pomeriggio i nostri “Frantoi Aperti” hanno nuovamente avuto una svolta culturale e, accompagnati da Francesca Mattonelli di Umbrians, ci siamo calati nel medioevo e nel rinascimento umbro, con la visita di Palazzo della Corgna a Castiglion del Lago, il palazzo-museo sede del Municipio edificato su progetti del  Vignola ed al cui interno conserva sale affrescate dal Pomarancio.

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La particolarità di Palazzo Corgna, oltre alle sale rinascimentali oggi ancora utilizzate per eventi legati al Comune di Castiglion del Lago, è il percorso coperto che collega il palazzo nobiliare con l’imponente Fortezza di forma pentagonale, protesa sul lago, la cui prima struttura venne costruita su ordine di Federico II° di Svevia (proprio lui, l’Imperatore di Castel del Monte edificato in Puglia).

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Entrare nel budello stretto ed anche un po’ opprimente (due persone riescono a stento a passare affiancate), salire sul torrione ed infine avere davanti lo spettacolo del lago Trasimeno in tutta la sua ampiezza, con le isole al centro e gli oliveti che colorano le sponde ed i rilievi di verde argento, è una visione che consiglio a tutti di provare almeno una volta. E poi, Castiglion del Lago è davvero un bel borgo (fa parte, non a caso, dei Borghi più belli d’Italia), dove passeggiare è piacevole così come… degustare: molti i locali che offrono, a costi ridotti, taglieri di delizie e calici di vino.

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A proposito di vino: una deviazione dell’ultimo minuto ci porterà a conoscere il proprietario diPoggio Bertaio, l’enologo Fabrizio Ciufoli, che ci aprirà le porte della sua meravigliosa cantina e ci farà degustare la migliore produzione della sua azienda: il Cimbolo, il Crovello, lo Stucchio, pluripremiati. E ci regalerà la bellissima storia legata alla nascita del nuovo vino, Apo, il top della produzione. Una storia talmente emozionate, poetica e piena d’amore per la propria famiglia di cui mi sentirete parlare presto.

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Il nostro sabato in Umbria per Frantoi Aperti si conclude a Pozzuolo con una cena-degustazione a base di zucca presso la Locanda Poggioleone. Tortino di zucca, risotto alla zucca, arrosto ripieno di zucca e per finire torta di zucca e amaretti, piatti semplici e allo stesso tempo raffinati, preparati da mani sapienti e serviti in un ambiente dove la passione per l’antiquariato del proprietario ha ricreato un salotto elegante, aperto sul grande giardino, da cui si può ammirare il panorama circostante. Si entra in punta di piedi, accolti con garbo e si esce felici: non succede spesso, vero? Alla Locanda Poggioleoni, che è anche un piccolo hotel di charme con 12 stanze dagli arredi raffinati, abbiamo apprezzato la cena ma ancor più l’olio novello che ha accompagnato il fine cena: l’aroma fresco e leggermente pungente, la consistenza fluida, il colore smeraldino… no, non mi vergogno di dirlo ma… abbiamo fatto la “scarpetta”!

 Talmente felici per la giornata intensa, in cui l’olio extravergine d’oliva ci ha avvolti in un filo invisibile e l’Umbria – complice una giornata piena di sole – ha mostrato il meglio di sé, abbiamo percorso i 30 chilometri che ci separavano da Pietrafitta e dalla nostra “casa” al Piccolo Noce senza nemmeno accorgercene, accompagnati dalla luce della luna e di milioni di stelle, in una visione quasi onirica, come solo in campagna ancora si riesce ad avere.

Il giorno successivo con Fabiola e Michele, innamorati della loro Regione e del loro Lago che non scambierebbero con nessun’altra città al mondo sebbene siano entrambi grandi viaggiatori (ma alla fine sempre in Umbria, anzi, sul loro lago, tornano!), il nostro “Frantoi Aperti” prosegue.

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Due appuntamenti culturali e due frantoi da visitare – in realtà sarebbero stati tre, ma abbiamo trovato il Frantoio Peltristo chiuso –  che ci riempiono la mattinata. La visita al Museo del vetro diPiegaro è un’altra scoperta interessante che il territorio dei Colli Trasimeni ci regala. Piegaro è famosa da diversi secoli per la produzione di vetri lavorati (bottiglie e fiaschi, per lo più, ma anche oggetti raffinati destinati alle tavole dei nobili e dei borghesi) e una alta ciminiera che svetta proprio nel bel mezzo nel centro storico indica come nel passato l’industria vetraria fosse strettamente innestata nel contesto urbanistico.

A Piegaro in molti lavoravano nelle vetrerie dei Marchesi Misciattelli o in quello che oggi, con termine moderno, verrebbe definito indotto: se gli uomini lavoravano il vetro, le donne ed i bambini si occupavano dell’impagliatura dei fiaschi e tali attività garantivano alle famiglie piegaresi un certo benessere. Da sempre capaci ed abili artigiani, i vetrai di Piegaro: nel 14° secolo le maestranze locali parteciparono alla creazione delle sontuose vetrate del Duomo di Orvieto.

Il Museo del vetro è stato allestito recuperando la vecchia fabbrica e cercando di lasciare pressoché inalterate le strutture: l’archeologia industriale è sempre interessante, ancor più quando ancora si vedono, come qui a Piegaro, le volte di mattoni annerite dal fuoco, le gallerie dove era conservata la sabbia e la legna, materiali indispensabili per la produzione del vetro, la grande vasca di fusione da cui, con ferri appositi, veniva prelevato il vetro incandescente che per soffiatura (“a bocca” prima e meccanica poi, con l’utilizzo di “forme” ) dava vita a bottiglie. Piegaro tutt’oggi prosegue la tradizione del vetro, attraverso la Vetreria Cooperativa Piegarese, la cui fabbrica si nota passando lungo la provinciale.

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Da Piegaro raggiungiamo per una brevissima ma intensa visita Castiglion Fosco, altra frazione di Piegaro che ha una popolazione di circa 200 abitanti: l’impianto urbanistico e la grande torre circolare che svetta sull’abitato ancora connotano le linee del castello che, grazie alla posizione elevata (siamo a 350 mt.) rappresentava un punto strategico di controllo militare sulla via di Perugia. Dalla piazzetta dove è collocata la grande cisterna ad anelli di espansione concentrici la prospettiva visiva – pozzo, scalinata, torre – è davvero eccezionale e non stentiamo a credere che sia uno dei set fotografici più ambiti dagli sposi. Non siete d’accordo anche voi?

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Su un lato della piazza si trova la chiesa parrocchiale di Santa Croce (XII° secolo), una bomboniera dagli intonaci verdi, che custodisce capolavori di arte sacra come la madonna medievale di San Giovanni, ricavata da un unico tronco di olivo e recentemente riportata nella sua sede dopo esser stata rubata negli anni ’80; il fonte battesimale; gli affreschi ed il crocifisso ligneo del XVI secolo.

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Le ore della domenica mattina scorrono senza che ce ne rendiamo conto ed è tempo di dedicarci ai Frantoi: ci aspetta il frantoio della Badia Settefrati, inserito in una struttura medievale già abitata da monaci benedettini. Qui i portici, i meravigliosi affreschi, il giardino dei semplici, le rose antiche e cultivar rari fanno tornare indietro nel tempo: il clima è disteso e favorisce il relax.

Nella Badia, che spesso ospita eventi e ricevimenti, sono aperti due agriturismi: “Abbazia dei Sette Frati“, di Sara Sposini e “Agriturismo Fratres“, di Annalisa Sposini. Sara e Annalisa sono cugine ed insieme hanno trasformato la Badia in un contenitore di attività, di cui il Frantoio è parte, che recuperano la tradizione artigianale e agricola, dalla coltivazione dello zafferano alla produzione di carta e di saponi aromatici. Ma è l’olio in denominatore comune delle due aziende che convivono nell’antica Abbazia. Per Frantoi Aperti, sebbene quest’anno la produzione di olio della Badia Settefrati sia pressoché ferma, il programma proposto ai visitatori di Frantoi aperti vede comunque l’olio come prim’attore: attività e laboratori dove riflettere sull’uso alternativo dell’olio e quindi pittura con olio d’oliva, massaggi con olio d’oliva, dimostrazione sulla creazione di saponi artigianali con olio d’oliva! Nonostante manchi l’olio novello, non mancano le bruschette: fortunatamente la produzione dello scorso anno è stata ricca e viene in soccorso alla penuria di quest’anno, che vedrà in difficoltà il mercato oleario italiano di qualità.

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Dalla Badia Settefrati ci spostiamo velocemente al Frantoio Pontefice: qui – finalmente! – vediamo un frantoio in funzione. Non grandi quantità, ma le olive ci sono e producono il prezioso liquido dorato, che riempie i contenitori e sprigiona il tipico profumo di erba e fieno appena falciato. La gente umbra è abituata a rimboccarsi le maniche e a non farsi abbattere dalle avversità: uomini e donne temprati dal lavoro e dall’amore per la propria terra anche se talvolta non è generosa. Seppur ci sarà meno olio da vedere, annusare, assaggiare, acquistare, Frantoi Aperti è, comunque,occasione per riflettere sul valore della produzione olearia e sul rischio che gli olivicoltori ogni anno corrono: quello di dover lavorare duramente senza aver mai la certezza di essere ricompensati da un raccolto generoso. E per rendersi conto che i costi che gravano su un litro di olio – che tanto spesso ci appaiono troppo elevati – includono anche l’alea della produzione.

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 Frantoi aperti sono l’occasione per scoprire l’Umbria minore, lontana dalle strade consolidate del turismo, fatta di piccoli paesi e di frazioni annidate tra le colline, facilmente raggiungibili in una manciata di chilometri. Lo spunto per tornare (o ritornare) in Umbria e seguire itinerari facili, come appunto quello che abbiamo avuto il piacere (ed, aggiungo, il privilegio) di poter percorrere noi grazie a Strade dell’Olio Dop dell’Umbria, con la guida preziosa di Fabiola.

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Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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