Aspettando il Giappone: una tazza di te matcha

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Nei giorni scorsi ho ricevuto un grande regalo: un barattolino colmo di prezioso te matcha, che arriva direttamente da Tokyo. Lo considero come un augurio per il prossimo viaggio che io e Francesco faremo nel nuovo anno e un momento di “coccola” che ci accompagnerà nello studio e nell’organizzazione degli itinerari. Vogliamo iniziare a (ri) abituarci pian piano ai sapori orientali ed allo stile di vita giapponese, così diverso da quello cui siamo abituati qui in Italia. Se i libri, le guide turistiche e i film ci permettono di migliorare la comprensione della società nipponica, una tazza di tè verde bevuta nei momenti di relax è il miglior viatico per percorrere la strada che ci separa dal momento della partenza!

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Molto simile ad un tè liofilizzato – non ne avevo mai visto di simile, nemmeno a Tokyo – il barattolo di matcha è arrivato accompagnato dalle sue brave istruzioni, necessarie per ottenere una bevanda salutare e piena di sapore. Il te matcha ha una lunga storia ed è sempre stata una bevanda d’élite per le sue eccellenti proprietà, tant’è che per secoli è stata scelta dai monaci per sostenersi durante le lunghe meditazioni. La produzione segue protocolli rigidi, che ne giustificano il costo elevato: la crescita del tè avviene al riparo del sole, affinché la mancanza di luce stimoli la pianta a produrre un maggior quantitativo di clorofilla e di aminoacidi e il sapore resti morbido e cremoso, quasi dolce. Le foglie, una volta raccolte, vengono fatte appassire tramite cottura a vapore – che ne interrompe l’ossidazione – e quindi fatte asciugare all’aria. Il passaggio successivo è la macinazione e la polverizzazione, che viene effettuata attraverso mole di pietra.

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Il te matcha ha il suo rito: l’acqua deve essere portata ad ebollizione ma al momento dell’incontro con la polvere non deve superare gli 80°. E’ per questo che si suggerisce di versarla nelle tazze e travasarla più volte: in questo modo la temperatura dell’acqua si abbassa. Le tazze migliori, quelle che riescono a rendere l’esperienza qualcosa di più che bere un semplice tè, dovrebbero essere le bellissime chawan, ciotole in ceramica tonde e dalle pareti alte (queste che vedete in foto sono lontanissime imitazioni…).

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Il passaggio successivo è prelevare un cucchiaino di polvere di te matcha per ogni tazza con il chasaku, cucchiaio ricavato da una striscia di bambù curvata, ed aggiungere quindi l’acqua alla corretta temperatura. Si impugna con delicatezza il chasen – frustino ricavato con abilità da un unico pezzo di bambù lungo una decina di centimetri e dotato di piccoli filamenti, chiamati hosaki (lo vedete a sinistra nella foto) e si mescola con movimenti codificati (2 giri completi, 15 giri formano un “8”, per concludere con un movimento a forma di “6”) fino ad ottenere la cosiddetta “schiuma di giada”, l’emulsione eterea di acqua e matcha che galleggia in superficie. Dotato di importanti proprietà organolettiche, vitamine C, D e del gruppo B, il tè verde matcha è una fonte di benefici polifenoli ed è estremamente ricco in caffeina (quindi se non volete trascorrere una nottata insonne, ricordatevi di non berlo nella sera!).

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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