Torte, pizze e schiacce di Pasqua

Lo so, si dice Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi… eppure per me Pasqua è sempre stata una festa di famiglia altrettanto importante quanto le feste di Natale. Diversa, certo, perché anziché restarcene belli chiusi al calduccio attorno a tavolate imbandite, dove è normale che il tempo del pranzo si colleghi con quello della cena, con Pasqua si andava a Buonconvento nella casa di campagna, dove tutto era più informale ed ogni scusa era buona per andare a passeggio per i campi a respirare l’aria buona. Pasqua per me è la processione del Venerdì Santo dove partecipavo vestita da angioletto (ehm… no comment, please!), le decine di uova di cioccolato che riempivano la mia solitudine di figlia unica, i cestini decorati con pizzi, trine e viole di Pasqua dove adagiare le uova sode da portare a benedire alla messa pasquale ed un senso improvviso di felicità lieve che nasceva dall’assaporare un anticipo di vacanze. E sì, sono anche le schiacce di Pasqua, ben lievitate e lucide di uovo, che venivano poste al centro della tavola la mattina del giorno di festa per la tradizionale colazione!

I ricordi della mia Pasqua sono legati, infatti, ai menù che mettevano in tavola mamma e nonna, che si  sfidavano a colpi di pizze e schiacce di Pasqua – che poi le schiacce di Pasqua in Toscana non sono schiacciate ma pani dolci belli alti ed altrettanti lo sono nel Lazio le pizze di Pasqua, che pizze non sono ma focacce dolci lievitate. Da allora per me Pasqua non è Pasqua se non preparo almeno una torta con la ricotta (no, definirla pastiera è davvero eccessivo: su  una base di pasta sfoglia già pronta verso una crema veloce preparata con ricotta mescolata con il contenuto di un barattolo di grano già lessato, uova e zucchero. Se proprio mi avanza, anche la scorza di un limone grattugiato e poi metto in forno a cuocere mentre nel frattempo faccio altro) ed una torta salata di formaggio “all’umbra”, con pecorino grattugiato e pepe. Perché sarà pur vero che ‘Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi’, ma nulla come le schiacce di Pasqua mi fa sentire nuovamente vicina agli affetti e fa rinascere ricordi!

pasquacollage numeri

Photo credit, link e ricette se disponibili: 1 – Colomba (Alice TV);  n. 2 – Cuzzupe (Peperoni e Patate);  n. 3 – Fiadone  (Terre dei Trabocchi);  n. 4 – Fiadoni piccoli (Croce e Delizia);  n. 5 – Pane di Pasqua (Farina, lievito e fantasia) n. 6 – Scarcella barese (Pugliamonamour); n. 7 – Pizza di Pasqua (RicetteBimby);  n. 8 – Pastiera napoletana (foto Pinterest);  n. 9 – Cassata al forno (Voir.it); n. 10 – Cuzzupe (scordo.com)

Avete fatto caso che le ricette dei dolci di Pasqua, in qualsiasi Regione si vada, hanno sempre come base le uova (la fecondità), la farina (il prodotto del lavoro dell’uomo, il cibo che nasce dalla terra), il lievito (il fermento vivo che porta energia dopo il torpore dell’inverno) e i prodotti caseari (bianchi, puri, legati alla rinascita)? Comunque si chiamino – colomba, cuzzupe, fiadoni, corolli, schiacce di Pasqua, pizze, pani, scarcelle, cassate, pastiere – sono dolci semplici ma che richiedono una lunga lavorazione, lunghi impasti e numerose fasi di  lievitazione. Addirittura a Roma c’è un dolce di Pasqua che si chiama “pizza sbattuta”: il nome stesso rende la fatica che comporta impastarla!

Mentre Francesco da buon partenopeo si entusiasma quando assaggia il casatiello e “si commuove” se vede la pastiera (ed ovviamente come la faceva mammà non la faceva nessuno… pure la crema, ci metteva, la santa donna!), tra tutti i dolci pasquali i miei preferiti sono i corolli, oramai difficili da trovare da quando il vecchio forno di Buoncovento ha chiuso i battenti. Sono ciambelle di pasta lievitata più o meno consistente, arricchita di numerosi tuorli d’uovo e aromatizzata con semi di anice (anzi, detto alla toscana, di “anaci“), da mangiare inzuppati nel latte, insieme alle uova di cioccolata o, una volta diventati  duri, tagliati a fettine e tostati nel forno come se fossero cantucci (vi ricordate che nella famiglia Boccini ‘un si butta nulla, vero? 🙂 ). I corolli soprattutto mi ricordano papà ed i suoi racconti di bambino, di quando faceva il chierichetto ed insieme al prete andavano a benedire le case per la Pasqua: al parroco veniva data un’offerta in denaro e per i ragazzini che “facevano la coreografia” e portavano l’aspersorio c’era sempre un bel corollo in regalo!

Il corollo era anche un classico della colazione di Pasqua, il momento in cui nella mia famiglia i riti e le tradizioni toscane si mescolavano con quelle laziali: se mamma era una propugnatrice dei carciofi con la coratella e delle pizze e schiacce  di Pasqua (e l’umbra pizza di formaggio entrava di diritto in questa sorta di derby gastronomico tra Toscana e Lazio) da mangiare insieme al salame “corallina” – e guai se sulla tavola non c’era un vaso con le viole di Pasqua! – nonna era l’ancella delle uova sode benedette, dei corolli (appunto!), delle uova di cioccolato e della torta pasqualina (retaggio di quando da giovane aveva lavorato per breve tempo in Versilia): spesso si faceva una colazione così abbondante che il pranzo di Pasqua non veniva apprezzato per nulla!

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photo credit: NicolaNatili.it

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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