Viaggio in Giappone: a Kanazawa visita (anche) il Kenrokuen!

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Grazie mille alla nostra guida del KGGN che ci ha accompagnati a visitare il Castello – Thank you very much!

Nel precedente post su Kanazawa ci siamo lasciati quando, terminata la visita del Castello, ci accingevamo ad entrare nel Kenrokuen, uno dei tre giardini più belli del Giappone. Torno un attimo indietro per  ringraziare formalmente il botanico e guida volontaria del Kanazawa Goodwill Guide Network (KGGN) che ci ha accompagnato – del tutto gratuitamente e con tanta, tanta pazienza – a visitare il Castello ed il vicino giardino: come  a Tokyo, anche a Kanazawa c’è la possibilità di usufruire di visite gratuite e, inviando per mail la domanda con un buon anticipo, si può perfino usufruire della cortesia di una guida che vi accompagna a vedere quanto c’è di più interessante in la città (noi abbiamo chiesto, ad esempio, di visitare il cosiddetto Tempio dei Ninja – ve ne parlo nel terzo post dedicato a Kanazawa). In particolare, un punto informativo delle KGGN – oltre a quello presente nella stazione ferroviaria- si trova proprio all’entrata del Castello, dove i volontari sono a disposizione dei turisti per fornire informazioni, mappe e consigli. E qui, senza nemmeno chiedere, il gentile signore della foto (di cui purtroppo non ricordo il nome) oltre a fornirci la pianta del sito storico, si è subito offerto di accompagnarci nella visita al Castello. Di una cosa sono certa: senza di lui, senza le sue spiegazioni in inglese ma soprattutto senza la sua competenza e la sua passione, non avremmo apprezzato la visita nello stesso modo! Quindi: grazie ed ancora grazie!

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Se il Castello di Kanazawa rappresenta della forza e la capacità strategica perseguita nel corso degli anni dal clan Maeda, potentissima famiglia che decideva il bello ed il cattivo tempo su Kanazawa e dintorni, il Giardino Kenrokuen è la sublimazione della munificenza e della passione per le arti della stessa famiglia, non a caso paragonata – un po’ forzatamente, va bene, ma la similitudine rende –  con la famiglia fiorentina dei Medici. Il Kenrokuen, che occupa oltre 11 ettari di terreno proprio di fronte al Castello di Kanazawa (è collegato da un ponte ora fisso e in muratura, una volta mobile e in legno) , è infatti considerato come uno dei più affascinanti giardini nati in epoca feudale ed al suo interno vi sono rappresentati i diversi paesaggi del Giappone.

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Colline, piccole valli, fiumi, mare: tutto ovviamente in formato ridotto! Lo stagno è il mare (e  c’è anche una piccola isola artificiale), il ruscello i fiumi, le dolci asperità del terreno rappresentano le montagne e le colline. Il nome stesso, Kenrokuen, ovvero “che possiede 6 qualità“, ha un significato collegato all’antica arte della cura dei giardini di derivazione cinese, poi fatto propria e sublimata dai giapponesi, in cui per definire la bellezza della Natura hanno peso elementi diversi dagli standard occidentali: l’ampiezza, la tranquillità, l’artificiosità, il perdurare nel tempo, il panorama e la presenza di acqua. Il pregio di un giardino è pari al numero di elementi posseduti (assai difficile trovare giardini che ne abbiano più di tre o quattro!) ed il Kenrokuen è uno dei pochi a possederli tutti e sei.

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Di certo, un giardino giapponese è molto diverso dai giardini occidentali: qui la natura non è lasciata mai libera di seguire il suo corso ma viene plasmata, resa perfetta, adeguata all’estetica ed alla simbologia tradizionale. Un giardino giapponese, anche quando appare selvaggio, lo è grazie al lavoro paziente e minuzioso dell’uomo.  Il Kenrokuen, grazie alla varietà dei suoi ambienti, è uno specchio fedele dell’estetica zen: non c’è casualità nel sasso lasciato esattamente al centro di uno spiazzo muscoso, nella foglia adagiata su una pietra o nell’albero  trattenuto da corde e tiranti per aiutarlo a sfidare indenne il gelo e la neve dell’inverno.

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Potrà così succedere che mentre passeggiate per il Kenrokuen compaia una fila compatta e sincrona di giardinieri vestiti di cerate blu, che letteralmente spazzano i sassi del ruscello per evitare che il fango vi si depositi, oppure che davanti a voi un ponticello sospeso sul lago diventi il punto focale che avvicina all’insieme formato da bosco, lago, edifici e lanterne di pietra e che alcuni giardinieri accovacciati a terra estirpino con cura meticolosa le foglie verdi che disturbano la perfezione del prato essiccato dall’inverno.

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 Facile scattare foto a ripetizione quando ci si trova dinanzi al boschetto di alberi con i rami sospesi, simili a sculture fatte di corda, briglie per prevenire i disastri che la natura lasciata a se stessa potrebbe compiere (la tecnica si chiama ” yukitsuri” e serve per evitare che i rami si pieghino o si spezzino sotto la neve). La perfezione  in Giappone è nell’insieme, non nel singolo (e questo concetto non è riferito solo alla natura).

Noi siamo stati al Kenrokuen in febbraio, in una giornata grigia e piovigginosa (decisamente non il momento migliore per visitare un giardino, ma tant’è) e nonostante tutto sembrasse ancora sopito,  il risveglio era già iniziato: precursori della primavera, iniziavano a fiorire i primi timidi prugni (Ume) con i loro fiori purpurei. Poche settimane ancora e la scena e gli sguardi di ammirazione verranno catturati dalla fioritura dei ciliegi (Sakura), mentre più avanti saranno i fiori di azalea e gli iris a rallegrare il giardino. Per visitare il Kenrokuen calcolate almeno un’ora e mezza, qualcosa in più se volete vedere anche il Museo di arte ed artigianato tradizionale, interessante ma purtroppo con poche sale (il costo del biglietto è minimo, 250 yen). In ogni caso, fate un giro al piano terreno del Museo dove c’è lo shop ad ingresso libero perché ci sono in mostra oggetti di produzione artigianale di notevole valore artistico, difficili da trovare altrove.

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Sempre all’interno del Kenrokuen, si può visitare il Seisonkaku, una delle più recenti abitazioni del clan Maeda, costruita nel 1863 dal 13° discendente della famiglia come residenza per la propria madre. All’interno pannelli decorativi con soggetti floreali, oggetti e suppellettili di uso quotidiano. Non così indispensabile visitarla, soprattutto  se avete poco tempo.

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Non mancano poi le case da tè,  la più bella e scenografica in assoluto perché protesa verso il laghetto è la Shiguretei, dove si può prendere parte  alla cerimonia del tè (occhio: ci si siede a terra, accosciati sui polpacci gli uomini mentre le donne dovrebbero sedersi con le gambe “femminilmente raccolte” di lato. Tradotto: se non siete flessuosi come un giunco, preparatevi a fare qualche gaffe… in ogni caso va bene sedersi anche a gambre incrociate! Le altre sale da tè, ancora utilizzate per cerimonie private, sono la Yugaotei e la Uchihashitei.

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Uscendo dal Kenrouken, dopo un centinaio di metri si incontra la grande struttura bianca e rotonda del Museo del 21° secolo: non ci potrebbe essere davvero contrasto più grande! Da un lato della strada siamo nel medioevo del Giappone e nella sua tradizione più pura, dall’altro lato è il futuro dell’arte! Aperto nel 2004, è caratterizzato da una struttura circolare, dove le linee, la trasparenza della parete continua di cristallo, interrotta da alcune aperture ed il colore bianco rafforzano l’idea di fruibilità e di apertura verso l’esterno: non per nulla alcune zone sono ad ingresso libero e c’è anche una caffetteria dove fare una sosta.

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Il Museo del 21° secolo offre sollecitazioni artistiche sia agli adulti che ai bambini ed è sede di biblioteche d’arte.  Per correttezza: noi non abbiamo visitato il Museo ma ci siamo limitati ad entrare nelle sole zone free perché era lunedì ed il Museo vero e proprio era chiuso ad eccezione di una mostra temporanea che raccoglieva i lavori degli allievi della scuola di arte e design, presentati dagli stessi studenti.

Dal Museo del 21° secolo abbiamo ripreso il Loop Bus (troppo divertente, con i suoi autobus che sembrano usciti direttamente da un cartone animato!) in direzione stazione per andare al mercato di Omi-Cho, che la sera precedente avevamo trovato chiuso: quale orario migliore di quello del pranzo per visitare un mercato alimentare?  Molto meno caotico di Tsujki a Tokyo o del Nishiki di Kyoto, il mercato di Kanazawa non manca comunque attrattività: pesce freschissimo (in assoluto il più fresco mai visto e assaggiato) attentamente controllato da massaie in cerca di ispirazione per il pranzo oggi come 280 anni fa, quando il mercato venne fondato, banchi pieni di verdure conosciute in bella mostra accanto a ortaggi dai colori improbabili, fragole gigantesche dal costo proibitivo, rivendite di fagioli, legumi, riso e soia.

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Ad Omi-Cho ci siamo regalati uno dei migliori pasti del nostro viaggio in Giappone: assaggi di ostriche e cappesante direttamente al banco del pesce, sfidando ogni più consolidata regola di buon senso sanitario. Una spruzzata di aceto, un po’ di cipolla, un nulla di prezzemolo (forse, almeno gli assomigliava…) e il pranzo è fatto! Sempre sull’onda della curiosità, abbiamo anche provato il brodo espresso  acquistato per 100 yen dalla macchinetta distributrice (peccato che non sapendo il giapponese, Francesco ha scelto un brodo di mais – bleah!) ed un paio di donuts (si, la globalizzazione fa anche questo, porta donuts glassati in stile Simpson a Kanazawa, Giappone!) tanto per chiudere in dolcezza un vero street food lunch!

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Se pensate che – stremati da tante gozzoviglie – abbiamo ripreso buoni buoni la via dell’hotel, vi sbagliate di grosso perché appena fuori da Omi-cho c’è la fermata del Loop bus e noi lo abbiamo preso quasi al volo per andare ad Higashi Chaya District.  Caratteristico, particolare con le sue case di legno e le trade con le pietre squadrate, ci torneremo il giorno successivo insieme alla signora Fumie, la  bravissima guida volontaria del KGGN che ci accompagnerà a visitare la Kanazawa meno conosciuta.

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Higashi Chaya è anche e soprattutto l’antico quartiere delle Geishe – occhio: a Kanazawa sono Geishe, mentre a Kyoto si chiamano Maiko: non fate errori! –  e durante la passeggiata abbiamo visto una troupe televisiva intervistarne un paio (ma lo saranno state davvero? In Giappone è molto comune tra le turiste rivolgersi ad apposite  ditte che noleggiano i ricchi kimono per andare poi a passeggio per le vie più tradizionali abbigliate come “vere” Geishe! ).

 ka75Non siamo riusciti a scoprire erano vere Geishe o meno ma pazienza, noi  non potevamo aspettare oltre: al Sakuda Gold Leaf Shop erano ansiosi di insegnarci l’antica arte della doratura con foglia d’oro! A Kanazawa si produce infatti oltre il 99% della foglia d’oro da decorazione giapponese e molti sono ancora gli artigiani che utilizzano questo prezioso metodo di decorazione e lo tramandano attraverso scuole e botteghe. A proposito: sapete che una foglia d’oro per decorazione ha uno spessore pari a 0.0001 mm e che per realizzarla  viene posta una lamina d’oro tra due fogli di carta speciale e quindi battuta con il martello fino ad ottenere lo spessore voluto? L’arte della doratura è molto apprezzata e nei negozi-laboratorio si trovano in vendita sia piccoli oggetti del valore di poche centinaia di yen che vere e proprie sculture con prezzi da capogiro.

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Ci siamo quindi ritrovati, seduti al banco come bravi scolaretti, a seguire i gesti sicuri del maestro doratore (le spiegazioni erano in giapponese, impossibile capire, tranne quando facevamo errori perché il tono di rimprovero  è uguale in tutti gli idiomi del mondo!). Ed alla fine, dopo due ore di “lezione” intensiva, siamo usciti dal negozio con un piatto ed un contenitore decorati da noi: ne siamo molto orgogliosi!

Informazioni utili:

Kenrokuen: aperto dalle 7 .00 alle 18.00 da marzo a settembre; da ottobre a febbraio dalle 8.00 alle 17.00. Biglietto 310 yen, previste riduzioni; fermata del Loop Bus a 100 metri (è la stessa fermata del Castello);

Museo del 21° secolo: aperto dalle 10.00 alle 18.00 tutti i giorni ad eccezione del lunedì. Il venerdì ed il sabato orario prolungato fino alle 20.00. Ingresso 800 yen (previste riduzioni e tariffe speciali);

Mercato di Omi-Cho: è aperto la mattina dalle 9.00 circa e chiude nel primo pomeriggio.

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

2 Comments

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    Michela (warmcheaptrips) Aprile 08, 2015

    Quanto mi manca Kanazawa….le guide al castello son sempre gentilissime e pronte a dare consigli e suggerimenti anche per visitare i dintorni di Kanazawa!
    Quando abbiamo iniziato a parlargli del nostro amore per il Giappone e per la sua storia, la nostra guida si è stupita nel conoscere che molti libri giapponesi son stati tradotti anche in Italiano! E’ stato poi estremamente piacevole divagare dalla spiegazione del castello al discutere di storia giapponese con un giapponese ^^

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      Claudia Boccini Aprile 08, 2015

      Concordo! Anche noi siamo rimasti molto sorpresi dalla gentilezza e dalla disponibilità, anche nel rispondere a domande che con il Castello poco c’entravano. E forse a Kanazawa, più di Tokyo, Kyoto, Hiroshima e tutte le solite località battute dal turismo occidentale, ho forse compreso cos’è davvero il Giappone. Peccato essere rimasti solo due giorni ed aver sciupato due giorni ad Hiroshima (dve sarebbero state sufficienti poche ore…)

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