Ciociaria in scooter: Collepardo e Prato di Campoli

Domenica abbiamo finalmente battezzato sulle strade montane della Ciociaria il nuovo scooter di Francesco, che è passato da un oramai vecchiotto e poco performante Suzuki Burgman 400 ad un decisamente più scattante Honda SW -T400 (nonostante il nuovo scooter abbia la medesima cilindrata di quello rottamato, il tipo di propulsore a due cilindri paralleli ad iniezione raffreddato a liquido e con ABS combinato, lo rendono potente pur mantenendone facilità di guida).

Per raggiungere la Ciociaria in scooter da Roma (ma lo stesso itinerario si può seguire anche con l’auto)  abbiamo evitato l’autostrada ed abbiamo preferito seguire la strada statale n. 6 Casilina fino a Ferentino – e non appena si lascia il caos di Roma il panorama diventa gradevolmente agreste e l’esperienza in scooter piacevole – dove ancora una volta abbiamo superato, senza fermarci, le Terme di Pompeo, note per le loro virtù terapeutiche in caso di malanni dermatologici, otorino-laringoiatrici, osterortrosi nonché per un nuovo percorso SPA che promuove tecniche olistiche di benessere: ogni volta ci passiamo davanti ma non troviamo mai il tempo per fermarci ma prima o poi riusciremo a visitarle!

Abbiamo quindi continuato sulla superstrada SR 214 per Sora fino allo svincolo per Guarcino – Altopiani di Arcinazzo con direzione Collepardo, piccolo paese di architettura medievale inserito nel contesto paesaggistico dei Monti Ernici, in parte ancora circondato dalle originarie mura su cui si aprono Porta S. Maria, Porta a Valle e Porta a Monte e un belvedere da cui si possono ammirare i vicini rilievi montuosi. A Collepardo l’impianto urbanistico del centro storico è quello tipico medievale, con un nucleo raccolto caratterizzato da vicoli e microscopiche piazzette su cui affacciano chiese e palazzi nobiliari. Seppur piccolo, una sosta è consigliata (anche solo per provare i liquori prodotti nella locale distilleria!).

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e mentre Franz guida io… fotografo! (prima o poi cadrò dallo scooter in corsa, lo so!)

Seguendo la strada che scende repentinamente sotto l’abitato, si raggiungono le Grotte di Collepardo: conosciute anche come Grotte dei Bambocci – dalle forme fantastiche che assumono le stalattiti e le stalagmiti che caratterizzano le  due cavità collegate, di cui una aperta verso l’esterno – originate a seguito della lenta erosione del suolo per effetto dell’acqua e di fenomeni carsici. Sono conosciute anche come Grotte della regina Margherita, dal nome della regina d’Italia che le visitò nel 1904 e sono state dettagliatamente descritte dallo storico tedesco Ferdinand Gregorovius in “Wanderjahre in Italien“, Passeggiate in Italia (il testo su Collepardo è al paragrafo 113).

Le grotte sono conosciute fin dall’antichità e sono state utilizzate, di volta in volta, come abitazioni, luogo di culto, cimiteri o – nel corso dell’ultima guerra – come rifugio per sfollati. Nel  complesso carsico trovano riparo numerose colonie di chirotteri (pipistrelli) di specie protette: per evitare di arrecare disturbo ai visitatori è precluso l’accesso ai visitatori alla seconda sala, quella più interna.

Pipistrelli

E’ quindi visitabile la sola Grotta della regina Margherita: è aperta dal lunedì al sabato dalle 10.30 alle 16.30 (la domenica chiude alle 18.00) e  l’ingresso costa 6 euro a persona. Ora, fatemi spendere due parole critiche: non solo il costo è esorbitante per i servizi offerti ma, a mio parere, si è persa l’occasione di fare della buona promozione turistica.

Non ci si può limitare, una volta che il visitatore ha acquistato il biglietto, ad accompagnarlo all’ingresso della grotta, raccontargli in due minuti le caratteristiche principali e poi letteralmente abbandonarlo davanti all’inizio di un itinerario di circa 500 metri che si snoda tra passerelle in cemento e  scale ricavate tra le stalagmiti. Non dico una guida (che invece sarebbe opportuna!) ma nemmeno una scheda da poter consultare o una mappa con indicato il percorso e le principali attrazioni. Nulla di nulla.

Tra l’altro, se siete da soli a visitare la grotta vi troverete nella inquietante situazione di camminare tra pietre scivolose mentre vicino a voi si levano le grida stridule dei pipistrelli. Perfetto per halloween, meno per chi vuole approfondire la conoscenza delle Grotte di Collepardo e del suo sistema faunistico!

Comunque a Collepardo non ci si arriva per caso: è sulla via che porta alla Certosa di Trisulti, una delle più belle abbazie del Lazio, immersa tra i boschi di querce della Selva d’Ercio, a ben 825 metri d’altezza (d’inverno non sarà difficile trovarvi la neve).

La prima abbazia fu fondata nell’XI° secolo da monaci benedettini ma è solo con Papa Innocenzo III°, nel XIII° secolo, che l’attuale Certosa viene edificata, dapprima con impianto romano-gotico per poi essere successivamente modificata in forme barocche.

Dediti alla preghiera ed allo studio della botanica, i padri certosini promossero nel tempo la creazione di una biblioteca, di un orto botanico  e  di una rinomata farmacia, che ancora oggi si può visitare, caratterizzata da decori floreali e armadi  settecenteschi che ospitano al loro interno gli orci e le ampolle dove venivano conservate le erbe ed i medicamenti.

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La Certosa di Trisulti vista da Civita

Dalla Certosa abbiamo proseguito lungo la strada provinciale 115, ricca di tornanti che costeggiano le balze montane, fino a trovarci esattamente di fronte al complesso monastico. Da  qui ha la visione completa e globale della struttura certosina, che appare in tutta la sua imponenza: non solo centro di preghiera e di studio, ma baluardo proteso sulla vallata, in una posizione al tempo stesso appartata ma ottimale per il controllo del territorio.

Poco prima di arrivare al piccolo insediamento abitato di Civita, abbiamo imboccato la strada che porta a  Veroli passando per Valle  Amaseno dove abbiamo sostato per pranzo presso la Trattoria Trecoto, a gestione familiare.

 Mai scelta fu più sbagliata: senza entrare nel merito dello stile del locale  – che più che caratteristico oserei definire trasandato – i  finifini, tagliolini tipici della Ciociaria simili a capellini, erano completamente scotti, il pollo in tegame brodoso, ossuto e privo di sapore e l’insalata con tanti piccoli e simpatici afidi verdi che galleggiavano nell’olio. Per completare la scena, abbiamo visto uno dei gatti della trattoria fuggire a gambe levate su un albero con una salsiccia rubata in cucina. Davvero no comment!

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Prato di Campoli

Dalla contrada di Santa Maria Amaseno anziché andare a Veroli abbiamo preferito proseguire il nostro itinerario in mezzo alla natura con destinazione Prato di Campoli, che conoscevo per esser stata una delle escursioni fatte con gli scout (praticamente, un secolo ed una vita fa).

Sono 12 km. di strada in salita che si addentra  all’interno di una fitta foresta di faggi sino a raggiungere l’ampio pianoro a 1200 metri di altezza, circondato dalle cime dei Monti Ernici e da cui partono sentieri per raggiungere che raggiungere Pizzo Delta e Monte Passeggio, in un ambiente alpino di rara bellezza ai confini tra Lazio ed Abruzzo.

Prato di Campoli è una meta ideale soprattutto in estate: qui il caldo afoso della città non arriva e i tavoli a disposizione invitano a organizzare pic-nic mentre per rifornirsi di acqua potabile ci si può fermare prima di arrivare sull’altopiano, presso le sorgenti di Capo Acqua .

La Ciociaria ha talmente tanto da offrire, in termini di cultura, diversità di paesaggi, ambienti naturali incontaminati che, nonostante sia una delle nostre mete privilegiate per le escursioni in scooter,  non finisce mai di sorprenderci! Come di dice? Ah, si, #amazingciociaria!

campoli

itinerario – circa 80 km.

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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