I sapori dello street food palermitano

La prima cosa che ho visto a Palermo, accompagnata d Raffaella del B&B Piccola Sicilia, è stato l’arcobaleno di sapori in vendita sui banchi del mercato del Capo. Arance, limoni, cachi, montagne di fichi d’india, frutta e verdura bellissima colta nel momento del suo massimo splendore mentre a poca distanza distese di pesce di tutte le razze e misure guizzava, ancora fresco, sulle tavole ghiacciate. Se in tutto il mondo il cibo è parte della cultura di un popolo, a Palermo raggiunge l’apoteosi e trova la sua forma più elevata proprio nel cuore popolare della città, in quei mercati resi noti dalla letteratura e dell’arte in cui il richiamo dei venditori è una partitura dai suoni acuti e ritmati.

Ma ancor prima, ho annusato. Gli aromi dei mercati (Capo, Ballarò, Vucciria) sono intensi come la storia che ha attraversato nei secoli la città, densi di suggestioni di Paesi lontani, agro-dolci e inizialmente difficili da comprendere proprio come la stessa Palermo che – come un fico d’india – appare irta di spine ma sotto la scorza pungente è dolce e succosa. L’odore di olio fritto del cibo di strada, quello povero ma saporito, pervade i vicoli e straborda fin nelle vie dello struscio cittadino, gli aromi appetitosi del sugo destinato ad arricchire lo sfincione si insinuano tentatori, il profumo seducente dello zucchero dei dolci chiede di soddisfare voglie non troppo nascoste, affondando i denti nelle dure scorze dei cannoli riempiti al momento di morbida crema di ricotta o abbandonandosi all’abbraccio lascivo delle cassate rilucenti di canditi.

I sapori dello street food palermitano

food collage

A Palermo si mangia tanto, molto bene e spesso con costi minimi. Difficile resistere alla cucina di strada, oramai talmente famosa da essere diventata a tutti gli effetti un’attrazione turistica,  non fermarsi curiosi davanti ai carretti o ai motocicli allestiti come una cucina ambulante (sono – a tutti gli effetti – mini ristoranti su ruote) o sedersi su uno dei tanti tavolini messi accanto ai negozi di friggitoria.

E’ meglio assaggiare un’arancina al burro (con besciamella, formaggio e prosciutto) o un panino con i crocché? Preferibile buttarsi su pani câ meusa o meglio un cartoccio di calamari fritti al momento? Scelta difficilissima perché sebbene alcuni piatti hanno bisogno di stomaci che non si mettono paura davanti all’inconsueto, così come dice Francesco è tutto troppo, troppo buono!

food collage 1

Quello che viene oramai definito street food palermitano, elevato al rango di attrazione turistica (ci sono dei percorsi turistici guidati proprio all’insegna della scoperta del migliori rivenditori palermitani) come tutte le ricette che nascono dalla strada (o nella strada), trae origine dalla necessità di rendere appetibili quelli che sono considerati scarti e ingredienti poco pregiati. Ma quali sono le pietanze tipiche dello street food di Palermo?

  • forse il più conosciuto, dopo l’arancina (a Palermo con desinenza obbligatoriamente al femminile) è il pani câ meusa, ovvero il tipico panino con i semi di sesamo venduto da ambulanti con i carrettini e farcito con un saporito intingolo a base di milza e polmone preventivamente bolliti, quindi tagliati a pezzetti e poi cotti al momento nello strutto in una pentola speciale di alluminio. Per un super panino alla fine è possibile aggiungere una bella spolverata di saporito formaggio grattugiato. Di certo non leggero, ma molto gustoso!
  • il pane con le panelle, panino farcito con frittelle di ceci aromatizzate con prezzemolo, richiama antiche abitudini alimentari comuni ad altre città di mare del Mediterraneo (ad esempio a Livorno si mangia la cecìna, una torta di farina di ceci che viene servita con la focaccia ed anche a Genova c’è un piatto simile, la farinata);
  • il pane e crocchè, ovvero il solito panino farcito, questa volta, con una crocchetta di patate fritta al momento;
  • lo sfincione è una pizza bianca morbida ed alta venduta a tranci, che si può arricchire con sugo di pomodoro con origano, acciughe e formaggio;
  • il quarume, stomaco di vitello bollito insieme a ortaggi, che viene servito con olio e limone nell’immancabile panino;
  • la stigghiola è invece per stomaci curiosi, che non si spaventano: sono budella di agnello ben pulite e poi arrostite alla brace;
  • il Mussu  (il “muso”) sono cartilagini del vitello bollite e condite con prezzemlo, aglio, limone. Anche questa è una pietanza che si ritrova in altre città d’Italia (a Napoli con lo stesso nome, a Roma come “nervetti”, spesso utilizzando maiale anziché vitello).
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il carretto dello dello street food palermitano percorre la centrale Via dell’alloro

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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