Viaggio in Giappone: riflessioni e cartoline

Il quarto viaggio in Giappone è giunto al termine e prima ancora di iniziare a scrivere una lunga serie di post, voglio focalizzare l’attenzione e la memoria su tutti i luoghi, gli incontri, le scoperte che hanno caratterizzato questo nuovo incontro con la società giapponese. Perché pur essendoci stata altre tre volte, questo viaggio in Giappone ha rappresentato il ‘giro di boa‘, ovvero il viaggio che mi ha permesso di guardare la società nipponica non solo come una turista affascinata dalla cultura, dalla tradizione e talvolta dall’esagerazione di taluni stili di vita ma anche, grazie alla maggiore conoscenza, all’approfondimento svolto nel corso del tempo su libri e testi, ai tanti libri letti di letteratura contemporanea giapponese, a intravedere, oltre alle tantissime luci brillanti, anche qualche ombra. No, nessun mito infranto, nessun amore deluso, solo che – come è giusto che sia – ho capito che la perfezione (a cui la società giapponese tende e sicuramente molto gli si avvicina) probabilmente non esiste nemmeno qui.

Cose minime, come ad esempio la cura del particolare e del dettaglio che diventano loro malgrado limite: la rigidità delle procedure e dei metodi standardizzati limita la creatività e l’improvvisazione risolutiva – in questo campo noi italiani siamo imbattibili! –  e quindi può capitare che davanti a richieste non previste o a eventi non contemplati ci si blocchi in attesa che qualcuno suggerisca la soluzione. D’altra parte, il Giappone che noi occidentali immaginiamo è un mix di storie di samurai e di geishe, di eroi di fumetti manga, di fotogrammi di film di guerra in cui immancabilmente i giapponesi sono ritratti dalla parte dei cattivi, perfino di scene della Madama Butterfly di Puccini. E’ un Giappone mediato in gran parte dalla nostra cultura, ma non è realmente Giappone, se non in minima parte

Pensateci un attimo: cosa immaginiamo, quando pensiamo al Giappone? Quali sono le immagini che immediatamente vi vengono in mente? Un Giappone tradizionale, dai ritmi lenti, in cui la tradizione è ancora forte, oppure pensate ad una Nazione iper moderna, che non dorme mai, dove l’oggi è già ieri? In ogni caso, è un Giappone che modelliamo sulle nostre aspettative. E se è vero che Tokyo è una città che non dorme mai (bè, quasi mai, considerato che comunque a mezzanotte le metropolitane comunque si fermano!) e che nella Capitale una delle zone più vivaci e nottambule è Shinjuko, dove tra schermi al plasma giganti, insegne che illuminano a giorno la notte, locali per mangiare, bere, giocare d’azzardo o incontrare l’anima gemella di un’ora è facile essere travolti dalla frenesia, è anche vero che gran parte del Giappone ha ancora ritmi lenti e rurali: provate a lasciare la zona costiera, soprattutto quella che si estende tra Tokyo e Osaka come un continuum unico di edifici, case e fabbriche  e vi apparirà una Nazione dai ritmi umani, in cui gli anziani sono onorati e rispettati, in cui le feste della tradizione sono molto sentite anche dai giovani, che partecipano a eventi e matsuri (feste) abbigliati secondo la tradizione. Nel corso del viaggio in Giappone c’è stata proprio una di queste ricorrenze: l’11 febbraio si celebra una festa nazionale importante, il Kenkoku kinen no hi, ovvero la leggendaria fondazione del Giappone (data probabile: 660 a.C.) e sia al Parco di Ueno (Tokyo) che a Nagano abbiamo assistito a spettacoli di danze tradizionali in cui i protagonisti erano bambini e giovani.

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Ma questo viaggio in Giappone mi ha portato, oltre che a Tokyo, a Sapporo in Hokkaido (la grande isola all’estremo nord) e a Nagano, entrambe città olimpiche, Sapporo nel 1972 e Nagano nel nel 1999. Insomma, neve quanta ne volevo, soprattutto in Hokkaido, che è davvero un Giappone diverso e speciale. E non potrebbe essere altrimenti, considerato che l’isola ha un clima siberiano, per lungo tempo è stato un territorio isolato e che la stessa Sapporo, che oggi ha quasi due milioni di abitanti, a metà dell’800 era un’avamposto di pionieri e contava al massimo 3.000 abitanti. Con il ghiaccio Sapporo ha un rapporto consolidato: sia per il clima realmente glaciale che per lo speciale Festival della neve, famosissimo, che attira milioni di visitatori (e tra loro c’eravamo anche io e Francesco!).

In questo viaggio ho trovato sì freddo, neve, gelo ma anche un accenno di primavera: al Parco di Ueno, quartiere ‘colto’ della Capitale dove ci sono alcuni dei Musei più importanti della città, alcuni pruni avevano già messo i primi fiori: sono simili ai fiori di ciliegio, ma più rosa e la loro fioritura è il segnale che l’inverno sta per finire e dietro l’angolo c’è la primavera (e allora sì che in Giappone sarà tempo di hanami, l’amatissima fioritura dei ciliegi che decora parchi e rive dei fiumi con un profluvio di fiori, simili a vaporosi piumini rosa!). E ho approfondito la conoscenza della cucina e della gastronomia giapponese che, come già raccontavo in un precedente post, sempre valido, non è solo sushi ma ha una varietà ampia di pietanze che risentono dell’influsso regionale, della disponibilità di ingredienti di stagione, di abitudini.

Attraverso le foto che ho pubblicato su Instagram, ripercorro insieme a voi alcuni momenti delle tappe del viaggio in Giappone appena concluso, quasi fossero cartoline indirizzate a ciascuno di voi.

Una immagine che da sola potrebbe raccontare tutto il viaggio in Giappone: siamo al mercato di Tsukiji, Tokyo, per l’esattezza in uno dei locali di Shushi Zanmai aperti nella zona del cosiddetto ‘mercato esterno’ ed un cuoco – vestito con giacca bianca, cappello e cravatta – si accinge a preparare il sushi. Come i maestri del sushi, che assemblano pesce, riso, alghe, aggiungono e tolgono sapori fino a trovare un equilibrio ideale di gusto ed estetica, in Giappone la cura del dettaglio che porta alla perfezione è fatta di piccoli gesti, un susseguirsi di azioni meticolose (a proposito: adoro il wasabi, con quel suo aroma intenso e piccante che sembra far esplodere le vie aeree!).

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Ancora al mercato di Tsukiji, Tokyo: è un luogo davvero molto, troppo turistico, eppure riesce ancora ed essere un punto di riferimento importante per i tokyoti, che qui vi vengono a fare la spesa in cerca di primizie o del miglior pesce della Capitale. Al dilà dei locali dove si svolge l’asta dei tonni (no, non sono mai riuscita a parteciparvi, ma per mia pigrizia), assolutamente da visitare il cosiddetto ‘mercato esterno’, un susseguirsi di negozi che vendono tè, spazzole, suppellettili e accessori di cucina e poi tanti localini in cui mangiare e venditori di street food.

Parto per il freddo Hokkaido, con un treno Shinkansen che in 4 ore e mezza ha polverizzato oltre 1300 chilometri, passando in un tunnel sottomarino lungo 53 chilometri e affrontando spavaldo una tormenta di neve degna di Dance, Dance, Dance, il romanzo di Haruki Murakami in parte ambientato in un Hokkaido che disorienta e perennemente avvolto da una nevicata infinita. La prima sosta è ad Hakodate, una città portuale affacciata sulla medesima baia. La città ha un posto importante nella storia del Giappone contemporaneo: tra il 4 ed il 10 maggio 1869 le forze navali della Marina imperiale giapponese sconfissero le navi dello Shogun Tokugawa, dando avvio al periodo della dinastia Meiji, che dopo due secoli di chiusura all’occidente scelse di aprire il Giappone alla cultura ed alle innovazioni tecnologiche occidentali. Oggi come allora, Hakodate è la porta dell’Hokkaido. Da qui, scordatevi il Giappone che conoscete: è tutta un’altra storia.

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Sapporo in febbraio significa Festival della neve, evento gelidamente spettacolare in cui l’equazione vincente è freddo:ghiaccio = Sapporo:iceart. Nel Parco Odori quasi un chilometro e mezzo di sculture realizzate esclusivamente intagliando il ghiaccio o la neve pressata e lavorandoli come fosse marmo. Fa freddo, nevica e spesso si scivola sul ghiaccio ma la bellezza delle opere supera ogni disagio. Nell’imbrunire, le luci fanno la loro parte, ovviamente! Nella foto, la riproduzione del Tempio Toshoda-ji di Nara.

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Tra le tante meraviglie di ghiaccio del Festival della neve di Sapporo 2018, questa è quella che mi è piaciuta di più, simbolica e tenera allo stesso tempo: una mamma vestita in abiti tradizionali, nutre con amore il suo bambino. E’ proprio vero: attraverso il cibo sublimiamo l’amore e cerchiamo il conforto di un piatto caldo, in cui i sapori riportano all’infanzia, gli affetti cari. E il cibo, in Giappone, ha una valenza importante nella società. Non per nulla l’Unesco ha decretato il washoku, la tradizionale cucina giapponese, quale patrimonio dell’Umanità.

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Sapporo è anche birra. Anzi, la Sapporo è la birra. una delle più famose del Giappone, la prima ad essere prodotta in Giappone seguendo i disciplinari tedeschi (nel peiodo Meiji personale giapponese venne inviato in Germania ad imparare l’arte birraia). La Sapporo è una birra buona, dal sapore giustamente luppolato, per cui non si può andare a Sapporo città senza visitare la vecchia birreria, oggi in parte museo e ristorante. Ma non lasciatevi trarre in inganno: quella stella rossa che segna la ciminiera non ha nulla a che fare con la Russia o l’armata rossa, ma con la stella polare, scelta come simbolo del futuro dell’Hokkaido. A Sapporo si ritrova spesso questo emblema, lo hanno persino i taxi sul tetto!

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Dopo il Giappone rurale, selvaggio, innevato e un po’ distopico dell’Hokkaido (è Giappone, ma come dicevo è un Giappone diverso) sono tornata nel Giappone dell’immaginario condiviso, in cui accanto a modernità vi sono elementi massicci di tradizione e rispetto degli usi tramandati da millenni. A Nagano non mancano templi e pagode ed il più grande, il tempio Zenko-ji è davvero molto interessante da visitare: c’è perfino la possibilità di compiere una sorta di percorso iniziatico di rinascita (in foto: uno dei tanti templi di Nagano, il Zenko-ji lo pubblico più avanti per raccontarvi il particolare rito che si può affrontare).

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Da Nagano arrivare a Matsumoto è meno di un’ora, i treni sono frequenti e la destinazione è famosa per il suo Museo di Arte Moderna, che ospita una sezione dedicata all’artista contemporanea Yayoi Kusama, quella dei ‘pallini’ (leggetevi il post sulla mostra Love, che si è tenuta a Roma al Chiostro del Bramante, per vedere una delle sue opere) e per il suo scenografico castello feudale, con ben 6 livelli (di cui uno nascosto!) e vista sulle Alpi Giapponesi. Il Castello di Matsumoto è uno dei 5 castelli designati quali monumenti del patrimonio nazionale del Giappone ed è davvero uno spettacolo!

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Il Giappone nell’immaginario collettivo è lanterne di pietra, pagode, templi. Il quartiere di Ueno è il polmone verde della città grazie al suo grande parco ed è anche il quartiere della cultura e dell’arte (ci sono tanti musei, tutti da visitare!). Di domenica è frequentatissimo da famiglie con bambini, anziani, giovani coppie, tutti alla ricerca degli indizi che preannunciano la primavera, come i fiori di prugno o la fioritura delle peonie. Tradizione e immaginario nel quarto viaggio in Giappone non sono mancate: chissà dove starà andando la giovane donna abbigliata con un kimono rosa polvere, i capelli raccolti in una elaborata acconciatura e lo sguardo impassibile sull’Iphone (!) mentre le fermate della metropolitana di Tokyo si susseguono senza sosta?

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Tokyo è così, accanto alla modernità più sconcertante convive il rispetto della tradizione, tesoro nazionale da preservare. Parlando di trazione e di simboli, il più potente per i giapponesi è di sicuro il Monte Fuji: dall’isola di Enoshima, con il cielo terso, la vista è grandiosa: sembra quasi di poter toccare con le mani, abbracciarlo, quello che è il simbolo del Giappone, il numero uno dei monti, così bello e solenne ammantato di neve! Scattando questa foto mi sono sentita un po’ Katsushika Hokusai, incantato dalla montagna sacra tanto da farne il soggetto di numerose sue opere, tra cui forse le più famose sono le serie 100 vedute del Monte Fuji e 36 vedute del Monte Fuji (di cui è parte l’ukiyo-e La Grande Onda di Kanagawa – di più sul post sulla mostra di Hokusai a Roma).

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Ghiaccio, neve, mare, isole, acqua: elementi fluidi che hanno accompagnato il viaggio in Giappone ma d’altra parte l’acqua è fondamentale e quasi tutte le più grandi Capitali del mondo sorgono su corsi d’acqua. Anche Tokyo non è da meno: il Sumida è il suo fiume, costeggiato da grattaceli o zone residenziali. A destra si estende Asakusa, il quartiere tradizionale di Tokyo, a sinistra la zona di Ryogoku, dove oltre all’avveniristico edificio del Museo  Tokyo-Edo (al momento chiuso, riaprirà il 1 aprile 2018) è facile incontrare giovani e robusti lottatori di sumo che in vanno ad allenarsi. E lungo le sponde, una bellissima passeggiata che vi farà scoprire una Tokyo bella e lenta, proprio come lo scorrere dell’acqua.

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Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

1 Comment

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    raffaella Febbraio 20, 2018

    Un report di viaggo molto interessante e dettagliato, grazie mille!

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