Museo delle Navi Antiche di Pisa: una storia di archeologia navale

Allestito all’interno degli immensi Arsenali Medicei ma ancora non aperto in modo continuativo al pubblico (al momento, bisogna prenotarsi oppure approfittare delle visite guidate che vengono organizzate di tanto in tanto), il Museo delle Navi Antiche di Pisa dall’esterno rischia addirittura di non essere notato a meno di non sapere quali tesori sono conservati all’interno dei cantieri navali cinquecenteschi fortemente voluti da Cosimo I dei Medici e realizzati su progetto del’architetto di corte Bernardo Buontalenti, dove venivano costruite le galee, le imbarcazioni navali destinate a portare alto sui mari il nome del Granducato di Toscana. Soltanto una targa esterna indica che qui, all’interno di questo imponente complesso di capannoni (sono otto navate collegate tra loro da pilastri ed archi) è in corso di allestimento un museo davvero particolare, che mette in mostra i reperti di archeologia marittima di epoca etrusca e romana rinvenuti nei pressi della città nel 1998 e che nello stesso tempo è un cantiere di restauro aperto.

Premessa

Tutto comincia nel 1998, quando nel corso dei lavori di un cantiere ferroviario vennero casualmente rinvenuti, non troppo distanti dall’attuale Stazione di Pisa San Rossore, alcuni resti in legno che appartenevano ad una antica imbarcazione. Una barca in mezzo ai campi? Ebbene sì, perché l’aspetto del territorio della città di Pisa è cambiato nel corso dei millenni ed un tempo nella zona del ritrovamento si allargava il fiume Auser (oggi Serchio), che creava un porto sicuro dove ormeggiavano  le tante imbarcazioni che dal mare arrivavamo a Pisa cariche di merci. Perché Pisa, secoli prima di essere una Repubblica marinara, era già vocata al commercio ed alla marineria.

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Il cantiere ferroviario venne bloccato dalla Sovrintendenza in attesa dei rilievi necessari per capire cosa fosse realmente nascosto nel terreno e man mano che questi procedevano, la sorpresa diventava sempre più grande: quello che sembrava solo un resto ligneo si rivelò essere una enorme imbarcazione di epoca arcaica  adibita al trasporto di anfore ma la sorpresa divenne ancor più grande nel momento in cui ci si rese conto che attorno alla prima nave (di seguito denominata Nave A) ce ne erano molte altre! Ad oggi, ne sono state individuate oltre trenta, di dimensioni diverse ed in diversi stati di conservazione e proprio per garantire un restauro accurato e la loro successiva esposizione al pubblico si è scelto di utilizzare gli ampi spazi interconnessi degli Arsenali Medicei per dare vita al Museo delle Navi Antiche di Pisa, che è anche un cantiere di restauro.

I lavori per l’allestimento definitivo dei 4.800 metri quadri che costituiranno il complesso degli spazi museali sono ancora in corso (e non ho proprio idea di quando termineranno) ma nel frattempo due sale sono già state allestite, la IV e V, che che nel futuro percorso di visita molto probabilmente si visiteranno per ultime, perché più ‘scenografiche’ e sorprendenti: io le ho visitate in occasione del tour “A spasso sulle mura di Pisa e non solo“, organizzato dall’Associazione Italiana Travel Blogger in collaborazione con il Comune di Pisa, con la Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno e con il Cantiere delle Navi Antiche di Pisa.

La visita al Museo delle Navi Antiche di Pisa

La visita al Museo delle Navi Antiche di Pisa è stata la ciliegina sulla torta di un lungo fine settimana pieno di scoperte interessanti che mi hanno portato a considerare con occhi nuovi la città di Pisa: non solo Torre pendente ne’ tanto meno Pisa vituperio delle genti (e da secoli l’insana follia di Ugolino della Gherardesca è racchiusa per sempre nel XXXIII canto dell’Inferno), Pisa era Pisa ancor prima di esserlo, da sempre città legata fortemente al mare ed ai mestieri che con il mare hanno a che fare.

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Entrare in questo Museo è trovarsi in mezzo ad un work in progress vivo e caotico come solo un laboratorio può esserlo ed è altrettanto facile restare senza fiato quando, la penombra lascia spazio alla luce che rivela le sagome grandi e fluide delle imbarcazioni recuperate e tornate a vivere dopo decine di secoli a seguito di un attento ed accurato restauro. Archeologia navale e archeologia umana: perché accanto o dentro le imbarcazioni – alcune così ben conservate che sembrano aspettare il varo per poter tornare a navigare – sono state ritrovate suppellettili, oggetti di uso comune, attrezzi da lavoro, monete, frammenti di ceramiche.

Barche grandi, piccole, per uso commerciale o destinate al diporto: nelle due grandi sale dalle volte le navi che si possono ammirare sono diverse l’una dall’altra e ciò da l’idea di quanto traffico di battelli, barchini, navi onerarie dovesse esserci in questo porto naturale a ridosso dell’insediamento pisano. Ad accompagnarci con una narrazione avvincente in quello che si è rivelato un viaggio avventuroso che dal rinvenimento dei reperti navali arriva fino alla loro collocazione definitiva nel Museo delle Navi Antiche di Pisa,  è stato l’archeologo Alessandro Filippi, bravo e competente ed è grazie a lui se oggi riesco a scrivere qualche informazione in più in questo post.

Le navi esposte presso il Museo delle Navi Antiche di Pisa risalgono ad un periodo che va dal III ed al VII secolo dopo Cristo (tra la fine dell’età ellenistica e l’età tardo antica) e al momento del ritrovamento sono state classificate utilizzando le lettere dell’alfabeto. Di alcune sono stati rinvenuti solo alcune parti del fasciame, di altre gli scheletri, di altre ancora, ben conservate, l’intero scafo. Ma come è possibile che a distanza di tanti secoli alcune delle imbarcazioni ritrovate a Pisa siano in così buone condizioni? Per una legge della chimica ciò che deteriora il legno sono gli agenti atmosferici e l’ossigeno contenuto nell’aria (O2), che innesta un processo irreversibile di invecchiamento dovuto al proliferare di funghi e batteri. Nell’acqua, la cui formula chimica ha solo una componente di ossigeno (H2O), il legno si preserva in maniera ottimale. Ancor meglio se, come nel caso delle Navi Antiche rinvenute a Pisa, le imbarcazioni sono poi state ‘sigillate’ da uno strato di terra.

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Riuscire a portare sani e salvi all’interno degli Arsenali Medicei i reperti navali ha richiesto lo studio di un sistema di nebulizzazione ‘a misura di imbarcazione in modo da garantirne l’umidità e l’applicazione di una sovrastruttura in vetroresina che ha abbracciato i fragili come una culla fino al momento del restauro vero e proprio. I laboratori di restauro, inseriti all’interno del percorso museale, hanno il compito di sanificare il legname attraverso impregnazione controllata ed essiccazione e contemporaneamente studiare ogni dettaglio: dimensioni, destinazione d’uso, suppellettili ritrovate, similitudini.

Descrizione delle navi antiche

La prima nave che si incontra è la nave C, più conosciuta come Alkedo (Gabbiano in greco, anche se il nome era iscritto in caratteri latini su uno dei sedili destinati ai rematori) ed è un po’ il simbolo del Museo: grande, rinvenuta in ottime condizioni  ad eccezione di parte della poppa, è una nave molto particolare che nella forma richiama una nave da guerra (ha perfino il rostro, il ‘pungiglione’ che serviva a speronare le navi nemiche!) sebbene con certezza fosse stata destinata a navigazione da diporto. Chissà, forse il suo proprietario proveniva dalla carriera militare ed era un nostalgico! Di certo, era un benestante, che aveva arredato la sua imbarcazione con stoffe preziose e morbidi cuscini da cui godersi la navigazione mentre il ‘motore’ – una batteria di schiavi adibiti al compito di rematori – lo trasportava lungo la costa. Il suo proprietario doveva essere anche un po’ superstizioso, a dir la verità: nella parte anteriore dell’imbarcazione vi era dipinto un cerchio nero che ricordava un inquietante occhio, classico simbolo apotropaico delle navi militari. Difficile non innamorarsi di questa nave antica: il restauro è stato minuzioso e l’Alkedo sembra aver attraversato indenne i secoli, ancora pronto a lasciare gli Arsenali Medicei per salpare verso destinazioni lontane. L’archeologo Filippi ci ha tenuto a farci notare quanto il restauro di questa imbarcazione sia stato curato in ogni minimo dettaglio, dai colori alle strumentazioni, incluso il posizionamento delle tipiche coperture in pelle – le vedete sul fianco dell’Alkedo) che servivano ad impedire che l’acqua salata entrasse in contatto con le mani dei rematori causando dolorosissime piaghe con grave danno alla navigazione.

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Accanto all’Alkedo l’imbarcazione F ha una forma che ricorda invece una piroga, stretta e lunga, probabilmente manovrata da un solo lato in quanto presenta un’accortezza costruttiva che viene ancora oggi utilizzata sulle gondole veneziane: una deformazione dello scafo evita che l’imbarcazione ‘giri in tondo’. La barca I era sicuramente un mezzo di trasporto utilizzato sul fiume e mosso da argani: una sorta di chiatta con il fondo piatto rivestito di ferro per sopportare i danni causati dall’attrito sui fondali bassi. Ancora in fase di restauro, ma esposta ai visitatori grazie ad una complessa struttura metallica, la barca D era una sorta di gigantesco cargo del fiume, destinata al trasporto di materiali da costruzione: al momento del ritrovamento è stata trovata piena di sabbia e nei pressi sono stati rinvenuti gli scheletri dei cavalli,  molto probabilmente adibiti al traino lungo il fiume.

Nella sala successiva ci sono diverse teche con reperti interessanti, pannelli con le tecniche costruttive, strumenti e materiali da costruzione, frammenti ceramici, vetri, metalli, elementi in materiale organico. E’ la zona del Museo delle Navi Antiche di Pisa più ‘istruttiva e colta‘ ma anche qui ci sono navi antiche restaurate, sebbene non in condizioni così ottimali come quelle della sala V. E’ qui esposta la prima nave ad essere rinvenuta durante i lavori ferroviari, la barca A, di cui però ne resta solo una parte inserita in una ricostruzione del cantiere di scavo e la nave R, i cui resti sono stati montati direttamente sulla parete.

Ma come mai tante imbarcazioni, e così diverse, tutte in uno stesso punto? Probabilmente l’ansa del fiume Auser era uno dei principali approdi esterni della città, dove le navi si fermavano in attesa di scaricare merci o di approdare e quasi probabilmente, visto anche lo stato ottimale dei ritrovamenti, le imbarcazioni affondarono improvvisamente, a seguito di eventi calamitosi come inondazioni (a cui il corso del fiume era soggetto).

Informazioni utili:

  • è possibile visitare il Museo delle Navi Antiche di Pisa ed il Cantiere con visite guidate della durata di un’ora e mezza (costo 12€, previste riduzioni) organizzate dalla cooperativa Archeologia (mail: turismo@archeologia.it – telefono: 055.5520407);
  • al momento il sito museale non è accessibile a disabili motori (per entrare bisogna superare una specie di paratia), non vi sono toilette ne’ punti ristoro
  • per altre informazioni, consultare il sito web Museo delle antiche navi di Pisa

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Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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