La storia sociale di Matera, tanto diversa quanto unica

Se seguite da un po’ di tempo i racconti di viaggio, di storie, di persone e di culture che pubblico su La Bussola e il Diario, saprete già che nel 2016 Matera è stata la meta di un breve tour: con Francesco avevamo raggiunto il capoluogo lucano in auto partendo dalla Puglia, dove avevamo fatto base, e nel post “Come visitare Matera, città di pietre, sassi e chiese rupestri” avevo raccontato il nostro itinerario con indicato cosa visitare (sempre valido). Ma, forse, vi ricorderete anche che avevo  sottolineato che con Matera purtroppo non era scattato l’innamoramento, perché l’avevo percepita fin troppo perfetta, come se a forza di ristrutturare, restaurare, recuperare case e salvaguardare pietre e tipicità architettoniche, Matera fosse stata “posta sotto una campana di vetro, che preserva ma nello stesso tempo toglie respiro” (autocitazione). Ero però rimasta con il forte dubbio che il mio non innamoramento fosse dovuto alle poche ore che avevo speso in compagnia di Matera, che come tutte le città dotate di una propria, specifica identità ha la necessità di essere compresa poco alla volta, tornandoci più e più volte. Ed ecco allora che l’opportunità di seguire per conto dell’Associazione Italiana Travel Blogger gli eventi organizzati nell’ambito del Progetto “Rete Siti Unesco del Sud Italia”, di cui Matera è parte, sono stati l’occasione per un nuovo viaggio speso tra turismo e cultura – anche questo veloce ma intensissimo –  una seconda chance in cui ho voluto approfondire l’unicità del luogo  attraverso la storia sociale di Matera, città diversa da ogni altra località italiana e che fino agli anni Cinquanta del secolo scorso era simbolo di abbandono, povertà, disagio sociale ed abitativo e che oggi, ribaltando ogni aspettativa e investendo su se stessa, riesce ad attrarre centinaia di migliaia di turisti da ogni parte del Mondo.

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Quel che ho compreso, è che il turismo per Matera è come Giano bifronte: è mutamento, è inizio ed allo stesso tempo è anche fine. Una città di dimensioni ridotte, poco più di 60.000 abitanti tra centro, periferia e sobborghi, deve assorbire ogni anno mezzo milione di visitatori (nel 2017: oltre 513.000 arrivi, con tendenza in crescita, dati APT Basilicata basati sui pernottamenti in strutture turistiche), un numero spropositato tenuto conto anche del numero non elevatissimo delle strutture ricettive presenti tra cui prevalgono case vacanza e bed & breakfast e delle dimensioni relativamente ridotte della città. Tanti turisti significa economia che gira, opportunità di lavoro per i giovani che non debbono più necessariamente fuggire dalla città, possibilità di investire sulla cultura, di promuovere il territorio e di innestare quel circolo virtuoso che ha portato Matera ad essere inserita nei Patrimoni dell’Unesco, a diventare meta turistica apprezzatissima e a candidarsi vittoriosamente per il ruolo di Città europea della cultura per il 2019.

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Turismo come Giano bifronte

Turismo in grandi numeri significa d’altro canto esporre la città al rischio di gentrificazione (e i tanti resort di lusso che recuperano antichi locali e grotte sono solo uno degli esempi possibili) e di overtourism, ovvero quel fenomeno sociale per cui un eccessivo volume di turisti finisce per impattare in modo distorto sulla vita quotidiana di chi nelle città ci vive. I grandi numeri che ho citato non tengono poi conto delle migliaia di turisti giornalieri che arrivano con i bus turistici dei viaggi organizzati, a cui Matera viene svelata in poco meno di mezza giornata in una cavalcata folle tra Sassi e souvenir. Ed anche loro entrano, loro malgrado, a far parte della storia sociale di Matera, quanto meno quella attuale, che ne vede la lenta, sottile ma inarrestabile trasformazione in una sorta di (bellissima) icona culturale, dove il turista – prima ancora che il cittadino – è il protagonista. E questo post vuole essere una riflessione aperta sui mutamenti che hanno trasformato questa città del sud, ancor che soffermare la mia attenzione sui luoghi simbolo della città, di cui ve ne parlerò comunque più avanti, in un altro post dedicato esclusivamente al racconto di un divertente e pazzo giro in ape-car che alla fine mi porterà a visitare un luogo incantevole, quasi mistico, appena superata la periferia di Matera.

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La storia sociale di Matera

Per lungo tempo la storia sociale di Matera ha visto una città fondamentalmente agricola ripiegata su se stessa, isolata, priva di prospettiva e di sviluppo, dove la qualità della vita era bassa, una città da cui fuggire non appena se ne fosse presentata l’occasione. I Sassi erano il simbolo del degrado sociale, un cratere infernale in cui uomini e donne vivevano all’interno di grotte insieme agli animali e in una situazione di totale assenza di salubrità, dove bisognava andare a prendere l’acqua alla fonte con le brocche o accontentarsi dell’acqua piovana che fluiva dai tetti nelle cisterne scavate sotto i pavimenti. La  speranza di vita era bassa e le malattie frequenti, in un trascorrere la vita dolente e rassegnato. Carlo Levi fu tra i primi a denunciare la situazione di degrado delle abitazioni nei Sassi e Palmiro Togliatti, a seguito di una visita, li definì addirittura “la Vergogna d’Italia”. 

Nelle grotte dei Sassi si cela la capitale dei contadini, il cuore nascosto della loro antica civiltà. Chiunque veda Matera non può non restarne colpito tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza.

 Carlo Levi nel 1952

Solo il 17 maggio 1952 venne promulgata la Legge speciale per lo sfollamento dei Sassi di Matera, che prevedeva la costruzione di nuovi quartieri popolari distanti dal centro storico (dove furono costretti a trasferirsi, in modo coatto, circa 17.000 persone, all’epoca quasi i due terzi degli abitanti di Matera) e che lasciarono dietro di sé, abbandonati al loro destino di oblio e di desolazione, gli edifici scavati nei Sassi. Solo nel 1993, con l’iscrizione di Matera nei siti Unesco (*), primo sito del Meridione d’Italia ad esservi iscritto, è iniziato con vigore e lungimiranza il riscatto architettonico (nonché sociale e collettivo) che ha portato la città ad essere una delle mete turistiche più apprezzate nel Mondo e a vincere la candidatura di Capitale della Cultura 2019.

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Torniamo alla storia sociale di Matera: il territorio materano era abitato fin dall’antichità e nelle Gravine di Matera si ritrovano tracce di insediamenti umani che risalgono al paleolitico e al neolitico e l’uso di scavare abitazioni nella roccia – la tipica calcarenite, spesso chiamata impropriamente anche tufo – si perde nella notte dei tempi. Addirittura, pare che alcune abitazioni siano state abitate ininterrottamente fin dall’età del bronzo! Dall’essere abitazioni di fortuna, le case scavate nella collina di calcarenite divennero pian piano veri e proprie quartieri – i vicinati – che si sviluppavano su più livelli, ancora ben visibili solo se si presta un poco di attenzione. Normalmente si iniziava a scavare un’abitazione e quindi si procedeva in basso con le successive case sottostanti fino a creare un reticolo di abitazioni, magazzini e Chiese, queste ultime presenti nei Sassi fin dai secoli più antichi insieme a monasteri, cenobi e celle monastiche, che in parte si possono visitare seguendo il circuito delle Chiese rupestri.

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I vicinati (o convicinati) parte integrante della storia sociale di Matera

Ogni vicinato era un nucleo di abitazioni a se stante e ben identificato, che si affacciava su una piazzetta comune e come in genere accade nelle strutture sociali contadine, corrispondeva ad una società comunitaria dove si mettevano in comune saperi, conoscenze, abilità. Come in un co-housing (secoli prima che venisse coniato questo termine inglese che indica abitazioni con alcuni servizi condivisi) i vicinati avevano in comune il forno, il lavatoio e condividevano la cura dei bambini e degli anziani che ve ne facevano parte. Ad ogni casa corrispondeva una cisterna per la raccolta delle acque piovane (l’assenza di acqua potabile, di fognature e di scarichi fu uno dei grandi problemi dei Sassi e della loro insalubrità) e una grande locale che prendeva luce sia dalla porta di ingresso che dall’alto: una camera multifunzione, adibita allo stesso tempo a luogo di soggiorno, cucina, camera da letto mentre sul fondo spesso vi era lo spazio per il magazzino e gli animali da soma, indispensabili per raggiungere le terre da coltivare. La temperatura all’interno era costante, attorno ai 15 gradi ma il livello di igiene davvero scarso, le conduttore di scarico a cielo aperto. Alcune abitazioni dei Sassi, soprattutto nella zona del Sasso Barisano, avevano tuttavia una loro particolare eleganza che si esplicitava nelle facciate adorne di pietre intagliate – la calcarenite è molto morbida e friabile e si presta ad essere scolpita.

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La struttura urbana, architettonica e sociale di Matera

Ogni zona della città è emblematica di un periodo storico e di vicende che hanno contribuito alla definizione della storia sociale di Matera: la Civita è la parte più antica di Matera (è dove c’è il Duomo, i palazzi nobili e dove si trovava l’Acropoli), il Piano è alla sommità dei Sassi e corrisponde al periodo medievale – rinascimentale mentre nel percorso che da Piazzetta Pascoli, dove si affaccia il bellissimo Palazzo Lanfranchiospita il Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata, con una terrazza spettacolare che affaccia sui Sassi, da vedere di giorno ma se vi è possibile ancor più di sera, quando le mille luci trasformano la città in un enorme, spettacolare presepe – arriva fino a Piazza Vittorio Veneto e poi oltre fino al Convento di Sant’Agostino (altro punto panoramico da segnalare), si incontrano edifici e strutture pubbliche ed ecclesiastiche che vanno dal Seicento al Novecento. In realtà anche in questa zona vi sono strutture e costruzioni ancora più vecchie, tant’è che proprio sotto Piazza Vittorio Veneto negli anni ’90 del secolo scorso è venuto alla luce l’antico mercato cittadino e la cisterna principale di Matera per la raccolta dell’acqua, il Palombaro Lungo, che aveva una portata di circa 5.000 metri cubi di acqua ed occupava tutta l’estensione della piazza: qui confluivano le acque piovane e quelle che provenivano dalla falda acquifera sotto la collina del Castello Tramontano.

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(*) motivazione per l’inserimento di Matera tra i paesaggi culturali del patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco: “esempio di sistema di vita millenario da preservare e tramandare ai posteri (…) e modello di vita in equilibrio con l’ambiente, con cui si integra senza stravolgerlo, pur sfruttandone le risorse“.

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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