#100orejap: la prima tappa a Tokyo e’ il Senso-ji

Comincia da Asakusa (leggilo come se fosse scritto Assksa) il nostro primo viaggio a Tokyo, da questo quartiere (ma è poi giusto definire così quella che è una città dentro la città, con una sua anima, una sua specificità, un suo rumore di sottofondo che la differenzia e la rende unica?) dove le costruzioni moderne, in alcuni casi futuriste come l’altissima SkyTree tower, si mescolano senza soluzione di continuità con antichi templi buddisti, angoli cristallizzati nel tempo, volti di uomini e di donne che sembrano usciti da stampe d’epoca.
Ad Asakusa il Giappone è quello della letteratura, lanterne rosse, pagode e risciò (riservati a turisti in vena di esperienze alternative, ma ci sono!), sottofondo di musica ritmata, mantra recitati dentro i templi, confusione e eccitazione. Tokyo turistica eppure ancora vera: un esempio ne è il Senso-ji, forse il tempio più conosciuto di Tokyo, almeno tra i turisti (per essere corretta, dovrei dire il complesso di templi, in realtà).
Prima di arrivare al Senso-ji, si entra dal Kaminarimon, il grande portale con la gigantesca lanterna rossa che offre il suo benvenuto prima di passare nel caos obbligato, assoluto e totale di Nakamise Dori, la via delle botteghe e dei commerci lunga 250 metri dove gadget dozzinali, regali raffinati, stoffe preziose e dolci insoliti si mescolano senza un ordine definito per poi approdare all’Hozomon, vera porta di accesso al tempio Senso-ji.
Da qui, repentinamente, cambia il clima e le attese: quasi che il percorso tra i negozi sia  un passaggio iniziatico. Il caos si stempera in attesa cosciente di benedizioni, le preghiere si sostituiscono alle contrattazioni. In fondo c’è lui, il grande tempio, il Senso-ji.
E se anche non siete credenti, se all’inizio i riti vi appaiono insoliti, vi ritroverete a farvi lambire dal fumo dell’incenso che si leva dal grande braciere o a riempire mestoli di acqua per poi purificarvi mani e bocca prima di salire le scale del Senso-ji e trovarvi nel cuore del tempio, dedicato al Bodhisavattva Kannon. Qui i brividi salgono dal ventre e dal cuore: impossibile restare impassibili di fronte alla moltitudine di fedeli che affidano le loro preghiere all’Illuminato, alla loro concentrazione fiduciosa che li estranea da tutto e da tutti. L’atmosfera è coinvolgente, l’oro delle statue lucido e brillante nella penombra.
La pagoda dai cinque tetti svetta nella sua perfezione geometrica, le lacche rosse e nere arricchite di cartigli d’oro, perfino gli alberi spogli per la stagione invernale (noi ci siamo stati in gennaio nel 2014 ed in febbraio nel 2015) creano una composizione unica e sembrano tracciati sulla tela dalla china di un pittore: il rischio del deja-vu è in agguato, l’effetto Giappone da cartolina pure, ma la sensazione che se ne trae è di pace e benessere.
Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

1 Comment

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    Marika L. Gennaio 19, 2014

    Io ho amato Asakusa perchè quando arrivi lì da Shinjuku o Shibuya fa davvero effetto, sembra di stare in un’altra città 🙂

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