La serie Netflix Bridgerton e la letteratura regency
Dal 25 dicembre 2020 è disponibile la serie Netflix Bridgerton, tratta dal romanzo di Julia Quinn “Il Duca e io”, primo di otto romanzi che narrano le vicende di una nobile famiglia inglese e dei suoi belli e romantici rampolli.
Letteratura rosa? O solo letteratura?
Nelle lunghe notti insonni del 2020 – che ci hanno visto trovare rifugio nelle nostre case cercando di dare una parvenza di normalità a giornate che di normale in realtà non avevano proprio nulla – a farmi compagnia ci hanno pensato i romanzi leggeri del genere regency drama (o english regency romance), opere totalmente senza alcuna alta aspirazione culturale e dalle trame spesso ripetitive e scontate ma dotati di un pregio non irrilevante: riescono a trasformare la realtà in una leggera bolla rosa priva di timori e aiutano a dimenticare per qualche ora drammi e angosce.
Potete ben capire che non potevo perdermi il debutto della serie Netflix Bridgerton e sono stata ben lieta di vedere prendere vita, grazie ad attori particolarmente belli e bravi – la bellezza in questo genere di serie non è un optional! – i personaggi di questa nobile famiglia inglese di visconti che avevo conosciuto leggendo i romanzi di Julia Quinn..
Grazie al kindle, ho letto in pochi mesi quasi un centinaio di titoli e devo dire che li ho letti voracemente, quasi uno a notte, con il rischio di confondere una storia con l’altra. Le trame sono infatti spesso sovrapponibili e lo schema narrativo che le contraddistingue abbastanza scontato nella sua semplicità: una giovane donna nubile ed ingenua viene contrapposta ad un giovane nobile dotato di gran bellezza e un cuore grande, gagliardo e libertino. Entrambi saranno costretti a superare contrasti, incomprensioni ed ostacoli prima di poter condividere la passione che li unisce e camminare assieme verso un immancabile lieto che profuma sempre di fiori d’arancio. E ciò, vale anche per la serie Netflix Bridgerton.
Storie leggere, letteratura rosa o, ancor peggio, letteratura spazzatura? Sono romanzi che puntano esclusivamente (o quasi) ad un pubblico femminile, non necessariamente poco scolarizzato e che possono contare su una ampia platea di affezionate lettrici sparse ai quattro angoli della Terra. Le stesse autrici per la gran parte sono anglosassoni o americane (e le poche autrici italiane che scrivono romanzi rosa storici spesso si nascondono dietro nom de plume inglesi).
Il numero dei titoli pubblicati è ragguardevole (fatevi un giro su Amazon cercando “regency” e vi renderete conto della mole di pubblicazioni che esistono) e se una buona parte è poco più di un esercizio letterario, ce ne sono alcuni assolutamente godibili e con trame intriganti e ben delineate, in cui l’evolversi delle vicende, la caratterizzazione dei personaggi e i colpi di scena non hanno nulla da invidiare a ben più blasonati titoli
Se l’archetipo narrativo a cui tutte le autrici contemporanee di regency drama guardano per i propri romanzi è l’opera omnia di Jane Austen e delle sorelle Brontë, spesso mescolate con un pizzico di Virginia Woolf e di Mary Anne Evans-George Eliot, una delle alfiere del genere contemporaneo è sicuramente l’inglese Georgette Heyer (ha prodotto una infinita serie di romanzi tutt’oggi pubblicati ed apprezzati).
Una menzione doverosa la merita la scrittrice Lucinda Brant, prolifica scrittrice australiana che predilige però un periodo storico antecedente a quello della Reggenza: è autrice di una poderosa serie di romanzi ambientati in epoca georgiana ed ha saputo coniugare una accurata ricerca storica e sociale, una trama non scontata e uno stile narrativo totalmente coinvolgente nelle pagine che danno vita alla saga della nobilissima famiglia Roxton, nel dittico dedicato alle vicende del Conte di Salt Hendon e nella più recente serie di romanzi gialli storici con protagonista l’inquieto marchese Alec Halsey.
Tra le autrici italiane italiane – anche se con nome anglicizzato – la brava Linda Kent predilige le ambientazioni in cui la natura esprime la sua potenza ed arricchisce le sue trame mai banali con personaggi tormentati e ambientazioni dettagliate e storicamente curate.
I romanzi Regency
I romanzi sono ambientati nel periodo della Reggenza Inglese (periodo tra il 1811 ed il 1820, in cui Giorgio Augusto Federico prese in mano come reggente le sorti del Regno a seguito dell’inabilità per malattia mentale del padre Giorgio III), un periodo storico piuttosto effervescente in cui Napoleone Bonaparte venne sconfitto a Waterloo, Lord Brummel era l’arbiter elegantiarum capace di stroncare con un commento le velleità di popolarità di giovani Lord e l’Inghilterra si apprestava a diventare il più grande Impero della storia mondiale. Era anche il periodo in cui l’apparenza era sostanza, in cui la nobiltà (il “Ton”) seguiva regole rigidissime di comportamento ed in cui le donne – ahimé – erano considerate unicamente per la loro virtù, la loro bellezza e la loro funzione riproduttiva.
In diversi Regency romance tuttavia – a dispetto della realtà storica – alcune eroine si battono per la propria indipendenza e sebbene non fosse ammissibile che frequentassero scuole ed università, riservate unicamente ai ragazzi, in alcuni casi cercano di migliorare la propria cultura e non si limitano ad apprendere unicamente l’arte del ricamo, dell’acquarello e del canto, in pratica le uniche conoscenze ammesse per una signorina rispettabile e di buona famiglia che volesse accasarsi con successo.
Una vita apparentemente frivola e facile, in cui le giornate si succedevano tra bali, feste, compere, appuntamenti dalla sarta e visite di cortesia eppure tremendamente codificata dai divieti, obblighi ed in cui su tutto imperava la salvaguardia dell’onore e della virtù.
Fin da piccole le giovani nobili erano allevate per diventare mogli di nobili e madri di altrettanto nobili eredi di casati e titoli; il momento pubblico del debutto in società, spesso in un’età poco più che adolescenziale, sanciva il loro ingresso nel ‘mercato dei matrimoni’ e la cosiddetta Season (“La Stagione”) si concludeva assai spesso con una proposta di matrimonio da parte di un partito possibilmente adeguato, rigorosamente regolamentata da un vero e proprio contratto matrimoniale stipulato tra le le famiglie e quasi sempre priva del pur minimo sentimento.
Simili a fiori che sbocciano e poi sfioriscono, le giovani nobili che entro pochissimi anni non contraevano un matrimonio venivano inserite nella schiera delle zitelle. Ciò era una vera e propria sconfitta per ragazze allevate per trovare la propria realizzazione nel matrimonio e nella maternità.
Tuttavia lo zitellaggio, soprattutto se si apparteneva a famiglie agiate, poteva garantire un minimo di libertà anche economica, altrimenti negata alle donne sposate che – come uso del tempo – conferivano in virtù del matrimonio i loro averi e la loro dote al marito. Anzi, a ben vedere, erano loro stesse di proprietà del marito, che poteva disporne liberamente e scegliere perfino di relegarle lontane in campagna.
Nella serie Netflix Briggeton è più volte sottolineato da Eloise Bridgerton – ma non solo da lei – come le ambizioni di una donna abbiano meno valore di quelle degli uomini.
I romanzi di Julia Quinn e la serie Netflix Bridgerton
La serie Netflix Bridgerton trae spunto dai romanzi di Julia Quinn: sintetizzando all’osso, sono le avventure sentimentali di otto fratelli e sorelle, dalla curiosa caratteristica di avere i nomi di battesimo rigorosamente in ordine alfabetico (Anthony, Benedict, Colin, Daphne, Eloise, Francesca, Gregory, Hyacint) che uno dopo l’altro scoprono l’amore.
Ciascuno degli otto volumi complessivi scritti dalla Quinn è dedicato ad uno dei protagonisti e la serie che è stata proposta sullo schermo, suddivisa in 8 episodi, è la rielaborazione del primo volume “Io e il Duca”.
Produttrice della serie Shonda Rhimes, famosa per aver prodotto, tra i più noti, Grey’s Anatomy, Scandal, Le Regole del Delitto Perfetto; per la mega produzione Netflix si è avvalsa di un cast multietnico di attori dalla notevole presenza fisica (va bene, alcuni di loro sono decisamente un bel vedere!), portando pepe e novità in quello che altrimenti avrebbe potuto essere solo un banale polpettone storico romantico con alcune scene molto hot. La serie è vietata ai minori di 14 anni, e a ragione.
La scelta del cast si adegua all’attuale sentire comune dell’inclusività e del Black lives matter, stravolgendo allegramente la realtà storica ed affida ad attori di colore o asiatici ruoli fondamentali, come la Regina Charlotte che ha le sembianze di una donna di colore ed è interpretata da Golda Rosheuvel.
Lo stesso protagonista maschile, il Duca di Hastings, che nel libro è delineato come un inquieto e tenebroso duca inglese dagli occhi azzurri come il ghiaccio, nella serie televisiva ha il volto (splendido, ma non solo il volto) dell’attore anglo-africano Regé-Jean Page, cresciuto tra lo Zimbwawe, Londra e gli Stati Uniti.
Altrettanto innovativa la scelta delle musiche: anziché proporre opere aderenti all’epoca storica, le scene sono sottolineate da cover di Ariana Grande, Billie Marten, Maroon 5, Taylor Swift eseguite da quartetti d’archi.
Perfino i colori utilizzati per le scenografie e per gli abiti di scena, non sono casuali e diventano parte dell’innovativo canovaccio narrativo, sottolineando le atmosfere, le personalità ed i sentimenti dei protagonisti con palette sfumate che farebbero invidia ad un unicorno innamorato: c’è ampio uso del bianco, del rosa, del celeste e in genere dei colori pastello in tutte le gradazioni ma anche uso di profondi e cupi rossi, verdi e blu per evidenziare stati emotivi complessi oppure colori acidi e stridenti per rimarcare situazioni di esclusione.
Girato tra Bath (in più riprese si vede la Royal Crescent, utilizzata come Grosvenor Square), Londra e le campagne dello Yorkshire, con oltre 100 location e numerose magioni nobili utilizzate per le riprese (solo per citare: Castle Howard nello Yorkshire diventa Clyvedon, la dimora di campagna del Duca di Hastings e Wilton House a Salisbury è stata utilizzata per diverse scene) e gran parte degli interni sono stati creati negli studi di posa.
Decisamente un caleidoscopio pop, una serie che anziché limitarsi a mettere banalmente in scena una storia romantica dei primi dell’800, trasferisce nel decennio della Reggenza inglese argomenti, situazioni sociali e rivendicazioni assai contemporanee.
C’è spazio per l’inclusione di genere, per il femminismo, per la rivendicazione dell’autonomia di scelta delle donne, per l’amore senza barriere e vincoli, per una mascolinità che ha la libertà di potersi smarrire nei propri tormenti. Il tutto, ambientato in un mondo in cui, storicamente, i ruoli erano invece assolutamente definiti e la recita della vita scritta ben prima di venire al mondo, tra obblighi, doveri e rinunce.
Il narrato della serie Netflix Bridgerton non è del tutto aderente al romanzo “Il Duca e io”: vi vengono infatti inseriti personaggi e rivelazioni che nei libri si ritroveranno solo successivamente (ad esempio, la presenza di Marina, che troveremo come personaggio – ma non come vicenda – solo nel romanzo “A sir Phillip con amore”, con le vicende amorose di Eloise Bridgeton.
La serie televisiva è subito balzata tra i primi posti delle classifiche e sta addirittura nascendo un caso Bridgerton mondiale, con ristampe dei volumi della Quinn, articoli di giornali dedicati, fan club e tanto, tanto gossip sugli interpreti. Una serie che – inutile a dirlo – ho visto almeno un paio di volte, incapace di staccare gli occhi dai costumi, dalle scenografie, dalla cornucopia di colori che diventano frasi e parole. Ed ovviamente dagli attori, un cast esteticamente notevole.
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