Tre abbazie in provincia di Siena da visitare

Si dice che i toscani siano mangiapreti, irriverenti con i re, i papi e pure con i santi e che spesso una vena di anarchia scorra persino nel rapporto con il divino: non so se sono modi di dire o c’è un fondo di verità, quel che so di certo è che vicino Siena –  città del Palio ma pure di Santa Caterina – ci sono tre nuclei di fede, tre monumenti all’architettura sacra, tre mete assolutamente da non perdere: insomma, tre Abbazie in provincia di Siena da visitare.

Le abbazie di San Galgano, Monte Oliveto Maggiore e Sant’Antimo sono tre capolavori dell’architettura e dell’arte sacra italiana e sono inseriti in paesaggi diversi, quasi complementari agli edifici abbaziali: San Galgano giace nella campagna più assolata, tra campi di grano e di girasoli, Monte Oliveto Maggiore domina calanchi e un’infinità di cipressi mentre Sant’Antino è dolcemente adagiato in una valletta coltivata ad olivi, le colline tutt’attorno a far da corona. La distanza che le separa non è eccessiva ed è ipotizzabile visitarle tutte e tre nell’arco di una stessa giornata (al massimo, sono 90 km.).

Se la prima delle tre abbazie in provincia di Siena, San Galgano, è oramai solo un guscio vuoto (scenografico, bellissimo, emozionante – se volete continuo con gli aggetti roboanti, ma ci stanno proprio tutti) e non è più utilizzata per il culto – che invece viene celebrato nella non distante Cappella di Montesiepi, conosciuta anche con la chiesa della spada nella roccia perché in un masso è infissa l’elsa di una spada che leggenda vuole fosse stata quella del giovane Galgano – le altre due sono centri vivi di fede e liturgia ed ancora i canti dei monaci  risuonano nelle cappelle e scandiscono le ore.

 L’abbazia di San Galgano nasce come  abbazia cistercense tra il 1220 ed il 1268 ed è in stile romanico-gotico di ispirazione francese.  Si arriva a San Galgano per vedere “il cielo “: San Galgano è famosa per essere la “chiesa senza il tetto” e sebbene parte delle strutture siano ancora in buono stato di conservazione (come la sala del capitolo, parte del chiostro, gli edifici annessi), chiunque la visiti resta incantato dalla selva di colonne di pietra affondate nel prato che si levano verso il cielo, il rosone e le bifore vuote, le mura in mattoni con tracce di rivestimenti in marmo.

Una chiesa che non è più una chiesa, un edificio ferito dallo scorrere del tempo che è risorto come luogo fonte di emozioni. Qui spesso si tengono concerti, si ascolta la musica levarsi dalla terra per salire al cielo, si vedono le stelle e la volta celeste. Un tempio della spiritualità laica.

La seconda delle tre abbazie in provincia di Siena che vi segnalo è l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, (anzi, per meglio dire, l’Archicenobio, ovvero il luogo in cui i monaci fanno vita comune) è un nucleo di edifici di mattoni rossi che spiccano nel fitto dei cipressi, circondata dai tipici  calanchi e forre che danno vita alle Crete Senesi, si trova nel comune di Asciano ma è facilmente raggiungibile da Buonconvento, da cui dista 9 km. Nasce a seguito della vocazione del pio Bernardo de’ Tolomei, che nel XIV° secolo scelse di seguire la Regola di San Benedetto per dar vita alla Congregazione dei Benedettini Olivetani (la Charta fundationis reca la data del 1319 e la bolla di Clemente VI, che riconosce la congregazione, è del 21 gennaio 1344).

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Monte Oliveto Maggiore – photo credit

Prima di arrivare all’Abbazia, si passa attraverso una struttura fortificata (la “Torre”, al cui interno è stato ricavato un ristorante rinomato in zona) sul cui arco di ingresso è inserita una terracotta robbiana che rappresenta la Madonna con il Bambino e gli angeli: i monaci sono molto devoti alla Madre di Cristo e la stessa chiesa abbaziale le è dedicata.

Superata la Torre, si scende poi lungo un viale costeggiato da cipressi ai cui lati si alternano piccole cappelle, un grande vascone che nei secoli scorsi veniva utilizzato per la raccolta delle acque piovane e l’allevamento di pesci ed infine la zona destinata alla foresteria ed alla vendita. Finalmente appare l’Abbazia e il primo impatto è straordinario: un insieme compatto di edifici, la chiesa, il campanile, le celle, sono in stile romanico senese con grande uso di mattoni, le dimensioni generose e solide.

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MOnte Oliveto Maggiore – photo credit

La visita dell’Abbazia è limitata solo ad alcune parti più “turistiche”,  per il resto vige la clausura e comprende il Chiostro con gli affreschi della Storia di San Benedetto,i primi otto pannelli opera di Luca Signorelli mentre i restanti sono di Antonio Bazzi, detto Il Sodoma. Si prosegue poi per la Chiesa Abbaziale che risale al 1400 sebbene oggi abbia forme e linee barocche, famosa per il Coro ligneo con immagini di città, di uccelli, di vasi, di volute e strumenti musicali realizzato ed intarsiato da Giovanni da Verona tra il 1503 ed il 1505, imponente e ben conservato. Al suo interno l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore ospita una fornita biblioteca monumentale con scansie originali del XVI secolo, un museo con opere sacre, il refettorio affrescato, ancora oggi utilizzato dai monaci per i loro pasti, la liquoreria dove viene prodotta la Flora, liquore alcolico ottenuto attraverso l’infusione di 23 erb3, che viene venduto nel negozio accanto alla foresteria (ed io, ogni volta che assaggio la Flora, non posso fare a meno di farmi cogliere dalla malinconia per la “mia” terra).

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Monte Oliveto Maggiore – photo credit

Per chi cerca una spiritualità intensa, fatta di luci rarefatte, di melodie che echeggiano e rimbombano attraverso la navata, per chi è alla ricerca di perfezione pittorica e fotografica, per chi è convinto ch anche un panorama può essere struggente e pieno di intensità, la terza delle tre abbazie in provincia di Siena soddisfa tutto ciò: l’Abbazia di  Sant’Antimo è tutto questo e molto di più. A pochi chilometri da Montalcino, l’Abbazia è stata fondata in epoca longobarda (si dice che le fondamenta di Sant’Antimo risalgano al 770 d.C.) come monastero benedettino ed era in una posizione strategica, sulle colline ma non distante dalle principali vie di comunicazione che mettevano in collegamento il nord Italia con Roma ed il sud – quelle che poi diverranno un sistema viario complesso oggi noto come Via Francigena.

La leggenda vuole che Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero, sostasse a Sant’Antimo mentre era diretto a Roma e la elevasse in quella occasione al rango di Abbazia imperiale con i relativi privilegi e ingenti possedimenti. Della preesistente struttura carolingia sono rimaste  solo le fondamenta e l’abside, trasformata nella sacrestia dell’attuale Abbazia.

Lasciata nell’abbandono per decenni, è solo negli ultimi 40 anni che l’Abbazia torna ad essere centro di spiritualità viva con l’arrivo dei monaci francesi premonstratensi, ispirati alla regola dei Canonici regolari di Sant’Agostino, che restaurano gli annessi dell’Abbazia, ridotti in condizioni disastrose. Successivamente, l’Abbazia è passata alla Curia vescovile di Siena e Montalcino. Nel 2015 i monaci sono andati via e con loro non era possibile visitare l’abside della Cappella Carolingia, ora trasformata in sacrestia. Per saperne di più sull’Abbazia di Sant’Antimo, leggi anche Sant’Antimo al tempo di Instagram.

 I monaci scandiscono la liturgia delle ore con canti in gregoriano (hanno anche registrato alcuni CD) e assistere ad una delle celebrazioni, anche se non si è credenti, è un’esperienza mistica che vale la pena di provare. L’abbazia ospita  scout e persone che vogliono fare un’esperienza di meditazione e fede condividento la liturgia ed ha anche un Ostello ed una Foresteria presso il paese più vicino (circa 1 km.), la frazione di Castelnuovo dell’Abate, conosciuto per essere uno dei territori di Montalcino in cui si produce il vino Brunello. Lo stesso nome della frazione fa intendere il legame con l’Abbazia e nelle piazzette e negli stretti chiassi (vicoli) medievali la tranquillità è ancora quella dei secoli scorsi.

L’Abbazia di Sant’Antimo è sempre aperta per la preghiera dalle 5.45 alle 21. Le visite turistiche non sono consentite durante le celebrazioni.

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Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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