Giappone: il viaggio di ritorno è in cantiere

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Si parla sempre di mal d’Africa ma, nel nostro caso, è più corretto dire mal di Giappone. Dopo il viaggio “mordi e fuggi” dello scorso gennaio, con il nuovo anno ci aspetta un lungo tragitto – questa volta ancora di più del precedente, perché abbiamo acquistato un volo con Emirates e dobbiamo fare scalo a Dubai – con destinazione l’aeroporto di Tokyo-Narita.

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La scelta di Emirates è meditata: dopo l’esperienza non esaltante con Alitalia, ci siamo imposti di scegliere per i lunghi tragitti intercontinentali le compagnie aeree che garantiscono, anche ai “poveri” della economy class, un minimo di comfort. Per cui, dopo aver monitorato a lungo i portali delle compagnie aeree “top”, ho colto al volo un’offerta irripetibile: andata-ritorno, all inclusive, a meno di 560 euro a persona.

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Questa volta avremo qualche giorno in più a disposizione, che ci consentirà di approfondire la conoscenza di Tokyo – ci mancano i quartieri di Ueno e Roppongi, oltre ad un’infinità di altre cose da vedere – e di spingerci poi verso sud, in direzione di Kyoto, di Hiroshima e di Beppu, per dedicare un paio di giorni alle delizie degli onsen, i bagni termali.

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Per Hiroshima, la città che ha sperimentato l’orrore della bomba atomica insieme Nagasaki, devo aprire un inciso. Forse non mi sarebbe mai venuto in mente di inserirla nel nostro itinerario se non avessi letto “Orizzonte Giappone – Viaggio fra cultura, cucina e natura di un paese all’apparenza incomprensibile“, il recente libro di Patrick Colgan, giornalista e blogger. Il suo incontro con la città, con la sua dignità estrema nonostante le ferite mortali inflitte, ha qualcosa di commovente, che fa sorgere incontenibile la necessità di esserci, di farne parte, di espiare in parte il peccato primigenio ed inconsapevole di essere parte di un occidente che per primo ha premuto lo start che ha acceso un sole infetto.

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Perché andare in Giappone e non alle Maldive, ai Caraibi o alle Bahamas? Per la civiltà elevata del suo popolo, per l’organizzazione, per l’educazione e pure per la maniacalità della pulizia. Perché è una cultura che ha molto da insegnare a noi occidentali, in termini di rispetto e visione del mondo. Per i templi, i giardini zen e per la presenza contemporanea di stile orientale ed occidentale. Per la sua cucina raffinata fatta non solo di sushi e ramen (come in Italia non c’è solo pizza e pasta!)e  dove perfino nella bettola più scadente trovi il tavolo preparato con cura e pietanze di una certa ricercatezza. Tanto per dire: le foto che illustrano il post le ho fatte in un ristorantino di Shinjuko.

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A differenza di quanto fatto per il viaggio estivo in Canada, non ci appoggeremo a nessuna agenzia di viaggio, organizzandoci in autonomia utilizzando sia le risorse del web per recuperare informazioni che il “passa-parola”  di chi già c’è stato. Per spostarci utilizzeremo i treni, che hanno orari certi e sicuri e garantiscono collegamenti rapidi e capillari in tutto il Giappone. E dormiremo in hotel sicuramente buoni ma non eccellenti, per contenere le spese e regalarci almeno un paio di notti in un riokan, la tipica pensione tradizionale giapponese.

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Come è stato per il Canada, il motivo ufficiale del viaggio è un compleanno da festeggiare e questa volta a spegnere le candeline sarà Francesco. In realtà, ci piace talmente tanto viaggiare e conoscere posti diversi che ogni scusa è buona per partire: comunque tornare a casa con le valigie piene di esperienze, di incontri e di scoperte è per noi, il regalo più bello.

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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