In gita da Roma (in scooter): Campo Staffi

Mai quanto in estate apprezzo la sensazione di libertà che lo scooter regala: mentre a Roma il caldo afoso e appiccicoso (oh, Ponentino adorato, ma che fine hai fatto?) mi  fa boccheggiare come un pesce in una boule di vetro, è sufficiente spostarsi qualche decina di chilometri dalla città-fornace per ritrovare  la leggerezza dell’aria e temperature più miti.

Se non abbiamo altri impegni, è quindi diventata una nostra sana abitudine dedicare il sabato o la domenica ad una escursione su due ruote inseguendo il fresco. Mare o montagna? In genere, considerato che le coste vicine alla Capitale nel fine settimana sono prese d’assalto – e da Pescia Romana fino a Minturno e Scauri le strade sono un infinito serpentone di auto – scegliamo la seconda opzione.

Pronti, allora, a salire in sella con noi – o a seguirci con la vostra auto – per raggiungere Campo Staffi ed i 1.800 mt. di altezza (mi raccomando, portatevi un golfino, vi servirà)?

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Come sempre, viaggiando con lo scooter abbiamo evitato l’autostrada e ci siamo velocemente diretti verso sud, seguendo la Via Prenestina. Superata Valle Martella, abbiamo proseguito lungo la Pedemontana in direzione di Gallicano nel Lazio. La strada, pian piano che si allontana dalla città, attraversa campi coltivati a grano e mais ed  è fresca e piacevole, poco frequentata da auto.

Da notare: poco dopo l’incrocio che immette sulla Pedemontana, subito aver passato il tratto di strada  incassato tra due pareti di tufo che ricordano una via cava etrusca e caratterizzata dalla presenza di una cappella abbandonata incassata nella parete, quasi fosse lei stessa un ex voto (la strada è conosciuta anche come “tagliata” di S. Maria Cavamonte), fate attenzione sulla vostra destra: ben conservata in mezzo ad un campo è ancora ben visibile l’arcata elegante del ponte Amato, un ponte romano ad arco unico risalente al II° secolo a.C. che in tempo di guerra ha subito notevoli danni, solo di recente recuperato grazie ad un attento restauro.

Peccato che non ci sia un cartello, un’indicazione, un qualcosa che lo indichi chiaramente. E’ un tesoro abbandonato, snobbato dai viaggiatori frettolosi e distratti: che peccato!

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Il Ponte Amato

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Mentre l’aria diviene sempre più fresca e piacevole e la cappa di umidità e smog che copre Roma è una visione distante,  la strada per Palestrina ci regala altre sorprese archeologiche: già qualche chilometro prima di arrivare nella cittadina alle pendici dei Monti Prenestini, l’asfalto della strada incontra sulla sinistra la linea nera e continua dell’antica strada consolare che collegava Roma con le città di Gabii e Praeneste, ovvero l’attuale Palestrina.

La strada romana è ancora oggi  utilizzata da ciclisti e pedoni e benché le radici dei platani –  improvvidamente piantati proprio sul selciato della consolare – abbiano in parte divelto il basolato, sono molti i tratti in cui è ancora in perfette condizioni. Sì, vero, fa un po’ strano correre con lo scooter accanto ad una strada che ha ben più di 2.000 anni e che ha sopportato le ruote di carri e bighe!

Inciso: se fate i turisti a Roma ricordatevi di inserire Palestrina nel vostro itinerario (sie siete senza mezzi propri, si  raggiunge con i bus extraurbani del Cotral, in partenza dalla fermata della metro A di Anagnina e metro B Ponte Mammolo), perché c’è davvero tanto da vedere:  i resti del Tempio della Fortuna Primigenia, uno dei più importanti della Roma antica; il Foro; Palazzo Barberini ora Museo Nazionale Archeologico; la casa natale del musicista e compositore Pierluigi da Palestrina,  la cattedrale romanica di Sant’Agapito, edificata sui resti di un’antico edificio romano; il Museo Diocesano di Arte sacra.

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La Cappella della Madonna dei Cori

Dopo aver proseguito alla volta di Cave  – da notare lungo la strada, poco fuori Palestrina,  la cappella della Madonna dei Cori, riconoscibile per l’ampia finestra a forma di cuore che ne decora la facciata – abbiamo poi proseguito verso la Ciociaria passando per la periferia di Genazzano.

Se fino a Palestrina l’ambiente è alquanto urbanizzato – case, villette, piccole industrie, centri commerciali –  da Genazzano iniziano i panorami agresti e le ampie distese di vigne (siamo in territorio vitivinicolo: qui il Cesanese del Piglio è vino sopraffino da sempre, ancor prima  di avere riconosciuta nel 2008 la DOCG), mentre sullo sfondo già si intravedono i rilievi dei monti, la nostra meta.

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Il Piglio

Lo scooter lascia il Piglio inerpicandosi veloce e in breve tempo – accompagnati da un paesaggio boschivo che metro dopo metro assume contorni alpini –  raggiungiamo gli Altipiani di Arcinazzo, dove il boom edilizio degli anni ’70, assecondando la scoperta degli sport invernali montani da parte della piccola e micro borghesia romana – ha lasciato in eredità numerosi residence, oggi per lo più utilizzati nei fine settimana o aperti solo per pochi giorni all’anno.

Una costante che ritroviamo in tutti i nostri itinerari sulle montagne laziali è la scarsa proposta di attività organizzate, capaci di attrarre il turismo estivo: ben poche le escursioni guidate, gli itinerari naturalistici, culturali o eno-gastronomici, le attività di nordic-walking, di equitazione o di trekking.

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il borgo arroccato di Trevi nel Lazio

Agli Altipiani ci siamo già stati – e gastronomicamente parlando, non ci hanno lasciato un buon ricordo (ma chissà, nel frattempo forse le cose sono cambiate) – e vogliamo proseguire ancora, alla ricerca dell’aria frizzante delle vette. Trevi nel Lazio – dove torneremo per pranzo – e quindi Filettino, il paese più alto del Lazio (è a 1075 metri di altitudine) sono due piccoli paesi, il primo conosciuto per il Castello Caetani che domina dall’alto la valle dell’Aniene e per la duecentesca chiesa di Santa Maria Assunta, il secondo per i bei palazzi nobiliari. Entrambi sono inseriti nel territorio del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini.

Ci aspettano gli ultimi 13 km, tutti in salita in mezzo alle faggete, fino a raggiungere le distese – ora verdi ma d’inverno innevate – di Campo Staffi. Quasi al confine con l’Abruzzo, l’ampia pianura di Campo Staffi è a 1750 metri di altezza e decisamente qui, di aria fresca e buona, se ne trova sempre, anche quando a Roma il termometro sfiora i 40°!

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L’altopiano di Campo Staffi

Da casa abbiamo percorso senza fretta 110 km. di strade provinciali, annusando il profumo dei tigli e dei fichi, fermandoci di tanto in tanto per scattare qualche foto.

Lo scooter nuovo ha superato il rodaggio, ha compreso i nostri ritmi e oramai ci asseconda fedelmente. Possiamo continuare a programmare altre gite su due ruote, ora.

 Una bella giornata all’aperto, lontani da tutto e da tutti, che ha avuto un epilogo ancor più piacevole: al ritorno verso Roma, affamati, ci siamo fermati a Trevi nel Lazio per cercare una trattoria, un ristorante, un qualcosa insomma dove rifocillarci prima di riprendere la strada di ritorno.

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E quella che dalla strada sembrava un trattoria dimessa – addirittura nell’insegna viene definita come “punto ristoro”, mai fidarsi delle apparenze! –  si è rivelata una fonte inesauribile di sorprese: al Girasole (agh! solo una pagina facebook, niente sito!) gli antipasti sono a km. zero, gli affettati di zona – e sono buoni e saporiti al punto giusto! – ed i formaggi di produzione artigianale.

Il cuoco Giovanni merita poi una menzione d’onore: ci ha servito gnocchi di patate e ortica che raccontavano di albe passate a falciare l’erba seguite da giornate trascorse in cucina a creare alchimie di sapori, le pappardelle al sugo di cinghiale avevano la forza e la pazienza delle mani che le avevano stese ed altrettanto è stato per i secondi: Francesco mi ha assicurato che il coniglio alla cacciatora era il migliore mai assaggiato ed io – che non mangio coniglio, agnello, vitello – posso confermare che nella trota in crosta di sale condita con limone, erbe e rosmarino aveva trovato rifugio il sapore dell’estate.

Punto ristoro Il Girasole

Chiacchierando con i gestori del locale un abbiamo poi scoperto che uno dei piatti più apprezzati del ristorante sono i tagliolini ai gamberi di fiume e tartufi, che le marmellate servite con i formaggi vengono preparate direttamente nel ristorante con frutta di stagione mentre i liquori serviti nel dopo-pasto nascono dopo una lunga infusione nell’alcool delle erbe spontanee dei frutti raccolti lungo i sentieri montani.

Anche la cantina, piccola, ha una bella selezione di etichette nazionali e locali (Cesanese del Piglio).

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Ciao, alla prossima!

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

2 Comments

  1. Avatar
    Alessandra Luglio 14, 2015

    Che meraviglia! Qui ci vuole una moto-vacanza alla scoperta dei mille volti del Lazio.

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      Claudia Boccini Luglio 14, 2015

      Che aspettate a scedere? Ho scoperto un rent-scooter che affitta sfiziosissime Vespe rosse: come Audrey saresti perfetta!

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