L’artigianato tradizionale del Lazio

Il sapere degli artigiani nel Lazio continua ad essere preservato soprattutto in provincia, dove è ancora possibile trovare botteghe che ospitano anziani signori curvi sul banco di lavoro. Ho detto vecchi signori? In realtà l’artigianato tradizionale del Lazio negli ultimi decenni ha avuto un forte richiamo anche per i giovani, che hanno scorto nella produzione accurata di oggetti e di suppellettili una strada maestra per la loro realizzazione professionale:  oramai il confine tra l’artigianato ed il design è talmente sottile che non stupitevi di trovare molte produzioni di artigianato contemporaneo esposte in showroom e nelle vetrine di negozi specializzati.

L’artigianato tradizionale del Lazio – come gran parte dell’artigianato del Centro Italia – è soprattutto l’artigianato del ferro, del legno, della ceramica e del rame, materiali utilizzati per realizzare suppellettili e mobili per la casa, oltre a piccole produzioni artigianali di nicchia che caratterizzano territorio specifici della Regione.

Vediamo ora insieme, brevemente, quali erano (e quali sono) le tradizioni artigiane del Lazio, solo in parte soppiantate da produzioni industriali.

Provincia di Viterbo

  • Nella Tuscia l’artigianato ceramico affonda le origini nel periodo etrusco e se a Civita Castellana – sia pure con grande difficoltà – le aziende ceramiche producono manufatti idraulici industriali o rivestimenti ceramici, a Tuscania, Vetralla ed Acquapendente resistono artigiani che producono terraglie e ceramiche per la tavola

Provincia di Frosinone

  • La presenza di grandi boschi caratterizza l’artigianato ciociaro, che utilizza il legno per produrre mobili ed arredi  ma anche attrezzi per la cucina, come mestoli, taglieri, scifette (vassoi) per la polenta.
  • Ad Acquafondata (quasi ai confini con il Molise) e in Val Comino si costruivano i pifferi (le ciaramelle) e le zampogne,lo strumento musicale un tempo suonato dai pastori ed oggi quasi solo nel periodo di Natale, in cui gli zampognari tornano a girare le città pronti ad allietare il pubblico con le loro nenie struggenti in cambio di pochi spiccioli. Le zampogne sono simili alle cornamuse e sono prodotte utilizzando pelli di pecora e legno di ciliegio o ulivo.

Provincia di Rieti

  • Ad Antrodoco, quasi al confine con l’Abruzzo, l’artigianato tradizionale è legato al ferro battuto che viene forgiato per ottenere volute e decori che diventeranno parte di inferriate, testiere di letti, alari per il camino.

Provincia di Latina

  • La zona di Priverno, Itri e Sonnino era conosciuta per la lavorazione del rame, che veniva battuto per realizzare brocche, vasellame, conche, paioli, stampi da budino ed ovviamente pentole. Alcune botteghe di ramai sono ancora attive e le abilità artigiane vengono tramandate di padre in figlio.
  • Sempre ad Itri si lavorava la stramma, fibra vegetale ottenuta dalla pianta dell’Ampelodesma mauritanica che, opportunamente trattata, veniva intrecciata per farne cesti, stuoie o impagliare sedie.

Provincia di Roma

  • Avete in mente le immagini degli anni della contestazione giovanile del XX secolo? Ricordate le borse di cuoio dalle linee molto semplici, a semicerchio, che venivano portate a tracolla indifferentemente da ragazze e ragazzi? Le borse di Tolfa (qualcuno le chiama cavane) sono simili alle bisacce spartane che portavano i butteri e nascono nel borgo omonimo, nell’entroterra a qualche decina di chilometri da Civitavecchia, in un territorio ancora relativamente poco frequentato dove i cavalli e le mucche pascolano bradi e la campagna non ha subito più di tanto gli oltraggi della globalizzazione. Ancora oggi si possono acquistare le borse, sempre lavorate a mano e che – vi avviso – non hanno costi troppo economici. E’ anche vero che una borsa di Tolfa dura tutta la vita!

Trasversali alle diverse provincie laziali, resistono gli artigiani orafi, le sartorie, i restauratori di mobili o di dipinti. E a Roma, dopo che negli anni ’50 del XX° secolo c’è stato il periodo d’oro delle modiste e delle sartine, che lavoravano in laboratori specializzati in toilette esclusive spesso a supporto dell’Alta Moda, dopo un periodo di oblio si iniziano a vedere di nuovo le sartorie specializzate nella confezione su misura. Meno facili da trovare le magliaie, che con l’aiuto di un’apposita macchina realizzavano tessuti di abbigliamento o da rivestimento.

Ci sono poi i mestieri artigiani che, con l’avvento dell’industria e del consumismo, sono scomparsi. Se ancora oggi nella periferia di Roma si possono incontrare gli arrotini (con la mola per arrotare forbici e coltelli alimentata dalla batteria della macchina e non più montata sulla bicicletta e sospinta dall’energia di una potente pedalata), sono estinti i mestieri di stagnaro (riparava le pentole forate), di ombrellaio (aveva il compito di donare nuova vita ai preziosi ombrelli di famiglia, non c’erano certo gli ombrelli usa e getta a pochi euro di  oggi!), di ‘aggiustacocci‘ (riparava le ceramiche con l’aiuto di graffe di metallo). Diventa perfino difficile trovare un calzolaio, talvolta!

La Regione Lazio ha regolamentato l’artigianato emanando il Regolamento Regionale 4 agosto 2016, n. 17, con le “Disposizioni per la tutela, la valorizzazione e lo sviluppo dell’artigianato nel Lazio” ed hanno diritto ad essere definiti artigianali i prodotti con un alto contenuto di manualità che siano pezzi unici o in serie limitata che prevedano qualità artistica di eccellenza, richiamo alla tradizione e creatività innovativa. Fanno parte dell’artigianato tradizionale del Lazio anche alcune produzioni alimentari ma di queste ne parleremo in un’altra occasione.

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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