La Chiesa che sprofonda: Santa Maria in Vittorino (Rieti)

Avete mai visto una Chiesa che sprofonda? Letteralmente intendo, ovvero che pian piano affonda con tutte le sue mura in un terreno dalla particolare morfologia geologica? E che, per sovrappiù, è anche allagata perché sotto si trova una risorgiva? Succede il provincia di Rieti e la Chiesa è quella di Santa Maria  in Vittorino (popolarmente conosciuta come Chiesa di San Vittorino).

L’edificio si  trova a meno di un chilometro dalle Terme di Cotilia, un centro termale conosciuto per l’acqua sulfurea particolarmente benefica (secondo un progetto dovrebbe tornare ad essere un polo di attrazione per il turismo sanitario del reatino e del Lazio); anzi, se proprio vogliamo essere più che esatti, l’edificio si trova al km. 88, 100 della via Salaria ed è bene tenere a mente questo dettaglio perché se si percorre in auto la statale in direzione di Amatrice, c’è il rischio reale di non accorgersi dei ruderi di questa Chiesa così insolita, tanto i suoi muri sono soffocati di piante.

A ben vedere, dalla strada l’edificio assomiglia assai più ad uno dei tanti cascinali diroccati che si incontrano per le campagne italiane che ad un edificio sacro. Anche perché, di sacro, oramai le è rimasto ben poco se non gli ambienti e le architetture.

Una breve sosta per visitare la chiesa che sprofonda, o quel che ne rimane, è interessante proprio per la particolarità di essere al centro di un fenomeno idro-geologico che lo porta pian piano a collassare nel sottosuolo. L’acqua è una costante in questo lembo di Lazio che è quasi Abruzzo e sicuramente montagna: il fiume Velino scorre nel fondovalle e numerose sono le sorgenti, i laghetti, i fiumiciattoli e le risorgive. E sempre in questa zona ci sono le sorgenti del Peschiera, che dissetano milioni di abitanti di Roma con un’acqua di ottima qualità (i romani affermano sicuri che è la migliore d’Italia).

La Chiesa che sprofonda: Santa Maria in Vittorino

La Chiesa che sprofonda: Santa Maria in Vittorino

L’acqua ha un ruolo decisivo nell’abbandono e nella successiva rovina della Chiesa che affonda: la piana di San Vittorino  è un territorio carsico e sono frequenti i fenomeni geologici definiti sinkhole, ovvero fenomeni di dissesto con sprofondamenti improvvisi del terreno, che derivano dalla capacità erosiva dell’acqua a seguito della pressione del suo flusso.

In pratica, l’acqua scorre al disotto di uno strato superficiale di terreno erodendo il sottosuolo finché la cavità è talmente ampia che il suolo collassa portandosi dietro quel che c’è sopra!

La Chiesa che affonda si trova proprio su una risorgiva, che negli anni particolarmente piovosi gorgoglia fresca tra le antiche mura. Un luogo considerato sacro già in epoca pagana: ben prima che Roma diventasse ‘caput mundi’, i Pelasgi ed i Sabini (le popolazioni che abitavano la zona di Rieti) vi praticavano sacrifici  ed in epoca romana vi era stato eretto un tempio dedicato alle Ninfe dell’acqua.

Doveva essere un luogo magnifico, selvaggio ed allo stesso tempo pieno di fascino. Talmente tanto apprezzata, questa zona, che nella frazione Vasche (una delle tante del Comune di Sant’Angelo) si possono ancora vedere i resti della Villa di Tito, il figlio di Vespasiano (sì, proprio colui che eresse il Colosseo), che apprezzava – tanto quanto il padre – le proprietà benefiche delle acque solfuree.

Il San Vittorino a cui il nome della piana in cui si trova la Chiesa che affonda fa invece riferimento è il  Vescovo di Amiterno, che secondo la leggenda nel primo secolo d.C. sarebbe stato condannato al martirio (e poi morto) in questa zona. Una una morte terribile: appeso per i piedi sulla pozza sulfurea delle terme di Cotilia e avvelenato lentamente dai vapori di acido solfidrico.

Per ricordare il Vescovo martire venne costruita una piccola chiesa, poco più di una cappella e solo nel 1608 il vescovo di Cittaducale Pietro Paolo Quintavalle diede incarico al lombardo Antonio Trionfo di costruire un edificio più grande, dedicato alla Madonna. I lavori di costruzione durarono cinque anni ma quasi da subito iniziarono i problemi di staticità a causa del terreno acquitrinoso e nell’800 la Chiesa di Santa Maria in Vittorino era già in gran parte sprofondata.

Cosa resta, oggi, della chiesa che sprofonda? Tutte le pareti esterne con i cornicioni di pietra e la facciata barocca, l’interno a tre navate è in gran parte ancora visibile anche se il tetto non esiste più. Probabilmente c’era anche un piccolo campanile, non più visibile.

La Chiesa possedeva manufatti artistici di valore, ora portati a Cittaducale presso la Cattedrale di Santa Maria del Popolo: un bassorilievo dell’Annunciazione attribuito a Giovanni  Pisano, famoso per il pulpito della Chiesa di Sant’Andrea a Pistoia e per quello del Duomo di Pisa ed un fonte battesimale, entrambi del XIV secolo.

La Chiesa che sprofonda: Santa Maria in Vittorino. Quel che resta.

La Chiesa che sprofonda: Santa Maria in Vittorino. Quel che resta.

La Chiesa che sprofonda è affascinante per il suo essere memoria del tempo che scorre, per la particolarità di essere in parte inghiottita dal terreno, per l’acqua che vi scorre all’interno (in alcuni periodi però è quasi in secca). Al momento non è possibile entrare dentro l’edificio: una rete la protegge da visitatori eccessivamente curiosi o spericolati per cui bisogna accontentarsi di guardarla dall’esterno.

Vi consigliamo di parcheggiare l’auto immediatamente prima della chiesa (c’è una piccola piazzola laterale sulla Salaria) e con attenzione raggiungere la strada sterrata che la costeggia. Una breve discesa porta alla base della chiesa che sprofonda e se come è capitato a noi c’è parecchio fango,  è bene indossare un paio di scarponcini da trekking o stivali di gomma.

Una curiosità per i cinefili: all’interno della Chiesa che sprofonda Andrej Tarkovskij ha girato una delle scene clou del film-cult Nostalghia, dove il protagonista  Gorčakov cammina dentro la chiesa allagata e prende coscienza del valore della felicità.

Cosa vedere nei paraggi della Chiesa che sprofonda

  • il lago sulfureo delle Terme di Cotilia, dall’incredibile colore azzurro lattiginoso – in passato si poteva accedere ma ora per questioni di sicurezza è recintato;
  • il lago di Paterno  (tipico esempio di lago nato da un sinkhole), non molto grande ma profondo – supera i 53 metri – ed alimentato da una sorgente sotterranea;
  • il complesso archeologico della Villa di Tito a Paterno;
  • la cittadina di Antrodoco, patria del marrone antrodocano, una castagna ottima e dalle notevoli dimensioni.

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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