Osteria del Castellazzo a Salsomaggiore

Dove mangiare a Salsomaggiore Terme? Noi vi suggeriamo l’Osteria del Castellazzo

Un luogo che non si conosce va scoperto con la vista, con le emozioni che genera, ascoltando il vociare delle persone che lo abitano e sì, anche con il piacere di assaggiare la cucina che ne segna il territorio. Ed anche a Salsomaggiore è stato così, lo abbiamo visitato con tutti i sensi, cercando di coglierne gli aspetti più caratteristici e allo stesso tempo unici e abbiamo cercato di racchiuderli infine in un pranzo all’insegna della tipicità.

Tuttavia non sempre è semplice scegliere tra un ristorante e l’altro, e nel tessere la tela di una giornata perfetta, trascorsa tra arte e bellezza, anche la pausa conviviale deve essere all’insegna dell’eccellenza.

Dopo aver compiuto una bella passeggiata alla scoperta delle architetture salsesi (dove il liberty la fa da padrone!) a darci il benvenuto a tavola è stata l’Osteria del Castellazzo, locale non grande nel centro storico di Salsomaggiore citato nella Guida Michelin e gestito, con amore e passione, dalla chef Laura Gotri che rielabora piatti locali utilizzando prodotti del territorio e di nicchia, impastando farine di grani antichi e utilizzando carni e salumi del parmense e nel vicinissimo piacentino.

Il locale è nel cuore della città vecchia, che esisteva ancor prima che Salsomaggiore diventasse città termale e non ha più di 30 coperti ad occhio e croce, ma è l’essenza stessa di quella che poteva essere un’osteria tipica di un piccolo paese (come lo era Salsomaggiore 150 anni fa, prima di raggiungere la bellezza dei 20.000 abitanti attuali): un grande bancone da mescita all’ingresso, con accanto l’immancabile affettatrice rossa per i taglieri da affiancare ad ottimo pane fatto in casa con grani integrali e a calici di vino di cantine locali.

La bottiglia di vino Invito dell'Azienda agricola Il Casello

La bottiglia di vino Invito dell’Azienda agricola Il Casello

L’atmosfera dell’Osteria del Castellazzo

Nelle piccole salette dell’Osteria del Castellazzo, che si succedono una dietro l’altra, le pareti hanno i mattoni a vista che mostrano il colore del tempi ed i tavoli quadrati fanno subito pensare alle infinite partite a carte che – chissà, forse anche tra queste mura – impegnavano i salsesi dopo il duro lavoro nelle saline prima che le acque termali diventassero l’oro liquido della città.  Disposti in modo solo apparentemente casuale oggetti con una storia oppure ricordi di viaggio. Un bell’ambiente, caldo e accogliente.

L’atmosfera è conviviale e subito vi è certezza che il desco attorno a cui ci sederemo è uno dei migliori della città, e non solo perché è citato dalla guida enogastronomica più famosa del mondo. Il nostro pasto incluso nell’esperienza è un light lunch che prevede un antipasto, un primo preparato al momento e un dolce, accompagnati da una bottiglia di Invito, un vino Ortrugo bianco frizzante della Cantina Il Casello di Bacedasco Basso, nella vicina Val d’Arda.

La carta del giorno è concreta, ristretta e senza fronzoli –  4 antipasti, 3 primi, 3 secondi – e per me questo è sempre indice di cura e attenzione nella preparazione delle pietanze nonché di attenzione alla stagionalità dei mercati. Ma quel che propone è davvero interessante. Tanto per citare, segnalo il lonzino di cinghiale con mostarda di anguria bianca e crema all’aglio dolce, il paté di manzo e salsa ai prugnoli selvatici o i pisarei e fasò della tradizione piacentina.

Noi assaggiamo subito un ottimo tagliere di salumi artigianali di Parma con crudo stagionato 30 mesi, pancetta stagionata 18 mesi e coppa di nero stagionata 16 mesi, accompagnati da una coppa di giardiniera fatta in casa. Il pane che viene servito utilizza farina integrale ed è preparato in casa: ne abbiamo chiesto un secondo cestino tanto era buono!

Osteria del Castellazzo - la pasta con il ragù in bianco di crudo 30 mesi

Osteria del Castellazzo – la pasta con il ragù in bianco di crudo 30 mesi

Le pappardelle al ragù di crudo stagionato 30 mesi vengono preparate al momento dalla chef e la bontà del sugo bianco accostata al sapore della pasta ottenuta da grano Verna macinato a pietra (considerato uno dei più buoni d’Italia) ed al parmigiano generoso, non ci ha lasciato indifferenti tanto che non ci siamo vergognati di ripulire accuratamente i piatti con il pane.

A concludere il pranzo veloce – ci aspettava ancora un altro pezzettino del mosaico di esperienze che ha reso insolita e diversa la nostra visita a Salsomaggiore, ovvero il laboratorio di linoleografia – ci ha pensato la torta sbrisolona, una torta secca con mandorle talmente buona e facile da preparare che tornata a Roma ho voluto subito provare a replicarla. La ricetta della torta sbrisolona è davvero facile e di soddisfazione!

La sbrisolona non è solo parmense, piacentina o mantovana. E’ un patrimonio condiviso da gran parte del territorio della pianura padana, dove nelle cascine agricole era consuetudine tenere in dispensa strutto (e più raramente il burro, in genere destinato alla vendita), la farina di mais e un po’ di frutta secca. E’ una torta da credenza (o da scatola di latta, come dico io), nel senso che dura diversi giorni ed è buona perfino secca, semmai accompagnata da un buon vino in cui inzupparla.

Osteria del Castellazzo - la torta sbrisolona

Osteria del Castellazzo – la torta sbrisolona

Maggiori informazioni sull’Osteria del Castellazzo di Salsomaggiore

  • L’Osteria del Castellazzo prende il nome dalla via di Salsomaggiore in cui si trova, Borgo Castellazzo, ed è al n. 40 (per prenotare tel. 0524 578218).
  • Il locale è aperto pranzo e cena ma è chiuso il mercoledì ed il giovedì
  • I costi dell’Osteria del Castellazzo sono all’altezza della qualità ma non eccessivi: gli antipasti oscillano tra i 15 ed i 28 euro, i primi piatti 14-15€, i secondi dai 19€ a salire ed i dolci 8€ a porzione.

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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