La questione dello schiavismo a Nantes: un itinerario nella memoria

La questione dello schiavismo a Nantes

La città di Nantes – città universitaria, con belle architetture, piena di giovani, ricca di arte, protesa verso il futuro – negli ultimi anni ha compiuto un lungo e complesso percorso di riflessione storica che è, al tempo stesso, una sorta di ammenda nei confronti dei milioni di africani strappati alla loro terra e trasportati a forza verso le Indie Occidentali, dove gli schiavi venivano impiegati in grande numero come mano d’opera a bassissimo costo per coltivare le piantagioni delle colonie d’oltremare.

Ma cosa c’entra una  città  illuminata, conosciuta da secoli per il suo vivace porto mercantile che la metteva in connessione con il mondo  e luogo da cui Enrico IV nel 1598  promulgò l’Editto di Nantes (che prevedeva il diritto libertà, di culto e parità di diritti tra protestanti e cattolici) con lo schiavismo e la tratta atlantica?

Oggi sembra quasi impossibile immaginare che ci sia una connessione tra schiavitù e Nantes, tuttavia immaginate di fare un balzo nel tempo e di vivere nella Nantes del XVII secolo, una città ben diversa, anche in termini urbanistici, da quella che si può visitare oggi.

Nantes e la questione dello schiavismo - Castello dei Duchi di Bretagna

Nantes e la questione dello schiavismo – Castello dei Duchi di Bretagna

La Loira seguiva ancora il suo corso naturale, scivolando tra isole ed isolette e lambendo palazzi ed edifici: il Castello dei Duchi di Bretagna era una roccaforte sul fiume, il quartiere Feydeau era una vera e propria isola e quella che oggi è l’Île de Nantes non era altro che un’insieme di isolette e aree acquitrinose su cui erano installati i cantieri navali famosi per la costruzione di vascelli e piccoli insediamenti operai. Le navi costruite a Nantes erano note per la loro affidabilità, capaci di solcare i mari tempestosi dell’Oceano e spingersi sulle coste del continente americano. E sono proprio i cantieri navali ed il porto la chiave per comprendere lo sviluppo della tratta atlantica a Nantes. Forse un capitolo di storia poco noto, ai più.

Se negli Stati Uniti il processo di revisione di una storia scritta dai bianchi per i bianchi è iniziato da tempo e i diversi movimenti per la ricostruzione delle vicende che hanno costretto uomini e donne lasciare a forza l’Africa ha ottenuto successi e riconoscimenti, in Europa la consapevolezza del ruolo svolto da alcuni Paesi (molti più di quanto si immagina) nel commercio degli schiavi è ancora poco sentito.

Premesso ciò, Nantes è tra le poche città d’Europa ad aver avuto il coraggio di approfondire e condividere pubblicamente un capitolo non esaltante della sua storia, creando luoghi di memoria, approfondimenti culturali e accademici, percorsi guidati lungo le vie della città che portano a scoprire, passo dopo passo, il ruolo interpretato.

Di seguito, per facilitarvi la lettura, vi anticipo i temi principali di questo articolo:

  • Cosa hanno in comune Nantes e lo schiavismo?
  • Lo schiavismo in Europa e il commercio triangolare
  • Nantes e la tratta atlantica: un percorso di visita storico e sociale
    • Il Castello dei Duchi di Bretagna – il Museo della Storia di Nantes
    • Il quartiere Feydeau, l’ex isola dei commercianti e degli armatori
    • Il memoriale per l’abolizione dello schiavismo
  • Il confronto con una storia scomoda
  • Indicazioni pratiche
  • Link ed informazioni utili
  • Bibliografia minima 

Lo schiavismo in Europa e il commercio triangolare.

Quando si parla di schiavismo, va tenuta presente una questione fondamentale: nei secoli XVII° e XVIII°,  il periodo storico in cui la tratta atlantica ha avuto ampia incidenza tra le attività commerciali dei nantesi (e non solo), non era ancora forte il biasimo e lo stigma contro la tratta di uomini, donne e bambini. Prelevati con la forza dall’entroterra africano per essere adibiti ai lavori pesanti nelle tenute agricole delle colonie come schiavi, erano considerati a tutti gli effetti ‘merce’, tanto che nel  1685 Luigi XIV firma il “Codice Nero”, un regolamento normativo dettagliato per la gestione degli schiavi, considerati  “beni mobili” di proprietà del padrone.

La riflessione sull’etica dello schiavismo verrà avviata con l’Illuminismo (in particolare con Condorcet) e solo nel XIX secolo si avrà una generale consapevolezza della questione e verranno prese iniziative politiche e legali per l’abolizione dello schiavitù. Bisognerà però aspettare il 1948 e l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte delle Nazioni Unite, per veder dichiarare a livello globale e formalmente l’illegalità della schiavitù.

Nantes e la questione dello schiavismo - il Codice Nero

Nantes e la questione dello schiavismo – il Codice Nero

E’  proprio grazie alla presenza dei cantieri navali – e ad un ceto commerciale particolarmente intraprendente – che a Nantes nel XVII° secolo si sviluppa un traffico fiorente e redditizio,  il cosiddetto commercio triangolare: la prima nave nantese, dei commercianti Guillaume, Nicolas e Gratien Libault, parte nel 1656.

Il commercio triangolare permetteva di ottimizzare al massimo le rotte commerciali: dai Paesi europei coinvolti nella tratta – oltre che in Francia, i principali porti negrieri erano in Olanda, Inghilterra e prima ancora in Portogallo e Spagna –  le navi partivano  alla volta delle coste dell’Africa occidentale con le stive cariche di armi, bigiotteria, prodotti tessili, oggetti di ceramica e vetro.

Una volta arrivati a destinazione, la merce europea veniva scambiata con ‘merce umana’, ovvero con uomini e donne (ed assai spesso bambini) catturati e strappati a forza dalle zone interne dell’Africa dagli stessi africani o dai mercanti arabi; raramente le catture erano compiute dagli europei che svolgevano quindi soprattutto il ruolo di mercanti ed intermediatori.

Con un viaggio lungo e complesso (i vascelli impiegavano più di due mesi per raggiungere le coste delle Antille e delle Americhe), in condizioni terribili e dove la sopravvivenza non era per nulla scontata, le navi approdavano finalmente nei porti di destinazione. Gli schiavi erano venduti in cambio di prodotti locali di cui la vecchia Europa aveva un grande bisogno: zucchero, per lo più, ma anche tabacco, cacao, rum e spezie. Dai Caraibi e dalle Antille i vascelli tornavano carichi in Europa, per poi ricominciare nuovamente la triangolazione. Un meccanismo rodato ed efficiente, in cui le navi non viaggiavano mai a carico vuoto ed ottimizzavano economicamente le rotte grazie ai preziosi carichi che trasportavano. 

A ben vedere, la ‘parte sporca del lavoro‘, ovvero l’acquisto e la vendita degli schiavi, avveniva ben lontano dall’Europa: una sorta di  disconoscimento della realtà di cui tutti erano consapevoli, anche se, come già detto, fino ad un determinato periodo storico la schiavitù non era percepita a livello universale come qualcosa di riprovevole.

In compenso la tratta atlantica portava benessere ai porti da cui partivano le navi negriere. E nella stessa Nantes se ne ha una evidenza nei palazzi – a dir poco lussuosi – che popolano l’ex isola Feydeau, costruiti da mercanti arricchiti con il commercio triangolare.

Schiavi. Non nascondiamoci dietro a parole buoniste ed abbiamo il coraggio di usare questo termine, che implica privazione della libertà, dei diritti elementari, della possibilità di immaginare un futuro ed iniziamo quindi il nostro particolare itinerario nantese da uno dei monumenti storici più prestigiosi della città, simbolo stesso della potestà regale e politica.

Museo della storia di Nantes - polene di navi

Museo della storia di Nantes – polene di navi

Nantes e la tratta atlantica: un percorso di visita storico e sociale 

1. Il Castello dei Duchi di Bretagna

Il percorso sulle tracce della tratta atlantica di Nantes – a tutti gli effetti un itinerario che ci conduce, per mano, a prendere coscienza delle vicende che hanno visto milioni di africani lasciare incatenati la loro terra  – inizia presso il Castello dei Duchi di Bretagna, dove il rinnovato Museo della Storia di Nantes dedica alcune sale alla questione della traite négrière atlantique ed approfondisce, in particolare, il ruolo svolto dalla città.

Un’esposizione dettagliata, che non fa sconti agli avvenimenti e non cerca giustificazioni: passo dopo passo, si apprende come veniva organizzata una spedizione, chi erano gli armatori, come avveniva la compravendita e quale poteva essere la vita degli schiavi  sulle navi e nelle piantagioni una volta giunti a destinazione. Tutto era meticolosamente tracciato in registri degni della migliore impresa commerciale, con entrate ed uscite, schede sintetiche della ‘merce’ e della loro ‘qualità’, inventari di beni imbarcati e scambiati, piantine delle navi con indicata la disposizione della merce.

Museo della storia di Nantes

Museo della storia di Nantes

Più si prosegue nelle sale, più si viene colti da un senso di ansia e di dolore per quanto è stato compiuto nel corso dei secoli a scapito di esseri umani. Ciò che immancabilmente da il colpo di grazia alla beata inconsapevolezza di chi visita la sezione del museo e scatena un flusso di vergogna inenarrabile per essere europeo e bianco, è l’esposizione di ferri, ceppi e mordacchie (sì, proprio come quelle dei cavalli) che venivano utilizzati per non far fuggire e tenere sotto controllo gli schiavi.

Nelle navi, usualmente gli schiavi occupavano i primi livelli inferiori sottocoperta mentre ancora più in basso venivano stivati i barili con l’acqua, le derrate alimentari, i prodotti da scambiare. Per ottimizzare gli spazi, gli schiavi viaggiavano sdraiati in una terribile situazione di sovraffollamento. Terribile pensare che durante la traversata – qualunque fosse lo stato del mare – gli schiavi fossero legati in ceppi, imprigionati ed ammassati in spazi oscuri e opprimenti, dove in caso di necessità era pressoché impossibile riuscire a mettersi in salvo (ed infatti vi è traccia che diverse navi, nel tragitto tra l’Africa e l’America, affondarono con tutto il loro carico umano, quasi sempre più di 400 persone).

Carico umano tuttavia prezioso e di valore tanto che, nonostante le catene,  i capitani delle navi cercavano di aver cura dell’alimentazione e dell’igiene degli schiavi e permettevano loro, di tanto in tanto, di uscire all’aria aperta per ‘fare attività fisica’ in modo da scongiurare le temute malattie (tra cui lo scorbuto!) che altrimenti avrebbero decimato il carico e, soprattutto, ridotto il guadagno. Gli schiavi erano fondamentali in un economia coloniale agricola, le piantagioni avevano bisogno di manovalanza non specializzata a costo basso e facilmente rimpiazzabile in caso di necessità. Quindi, pur considerando le modalità di cattura e di trasporto, erano ‘beni’ preziosi.

Nonostante il commercio fiorente (nel XVIII° secolo Nantes era al primo posto tra i porti schiavisti francesi, con il 43% di spedizioni effettuate), in città di schiavi ce n’erano ben pochi, non più dell’1% della popolazione e la maggior parte di loro veniva utilizzata come domestico ‘esotico’, una curiosità da mostrare. Di tanto in tanto, venivano fatti arrivare in Francia schiavi particolarmente versati nelle attività artigianali affinché si specializzassero in un mestiere utile ai bisogni dei proprietari terrieri (sarti, calzolai, parrucchieri).

Si cercava comunque di evitare di far entrare gli schiavi in contatto con le abitudini e la vita ‘occidentale’ al fine di non far nascere aspettative o – sia mai – ribellioni: nel Codice Nero viene espressamente indicato che i servitori di colore che talvolta accompagnavano nella madrepatria i notabili delle Colonie dovevano soggiornare in luoghi ben definiti, possibilmente non lontano dal porto e non avere contatti esterni. 

Le navi schiaviste - l'organizzazione degli spazi

Le navi schiaviste – l’organizzazione degli spazi

Il quartiere Feydeau, l’ex isola dei commercianti e degli armatori

Dopo aver visitato la ricca sezione del Museo della Storia di Nantes, la tappa successiva è al Quartiere Feydeau, che ancora oggi mostra la fisionomia di ciò che era fino agli anni ’30 del XX secolo: un’isola.

Il quartiere, particolarissimo anche per la bellezza degli edifici settecenteschi a più piani, con balconi arricchiti da decorazioni in ferro battuto e vie in basolato che conservano il fascino dell’antico, nasconde una realtà non edificante.

I bei palazzi, talvolta con porte e finestre un po’ sbilenche a causa dei cedimenti del terreno sabbioso su cui poggiano le fondamenta (ma a Nantes non sono gli unici), sono stati infatti in parte edificati con i proventi del commercio triangolare.

Case eleganti con il compito di mostrare la ricchezza dei proprietari, per lo più commercianti o impresari, che qui avevano anche gli uffici. Abitazioni di lusso, le chiameremmo oggi, eppure a loro modo erano un mondo a parte, isolate dal resto della città: l’Île Feydeau era unita a Nantes tramite un ponte (Pont de la Poissonnerie) mentre un altro ponte (Pont de Belle Croix) la collegava con  l’Île de la Gloriette, isola a sua volta interrata ed unita alla terra ferma quando venne deviato il corso della Loira.

Passeggiare lungo Rue Kervégan, la via principale del quartiere Feydeau, appaiono dettagli curiosi ed interessanti, che richiamano Paesi esotici o lontani: mascheroni di pietra con la fisionomia africana o mitologica,  elementi in ferro battuto con volute floreali. Un quartiere unico, non solo per la sua storia.

Il memoriale per l’abolizione dello schiavismo

La terza tappa di questo itinerario nantese sulle vicende della tratta atlantica è il Mémorial de l’abolition de l’esclavage, non un monumento fine a se stesso ma luogo di riflessione e meditazione, in cui il suono, l’ambientazione, la narrazione, la luce e le ombre, scuotono le corde della compassione e aiutano a comprendere nel profondo gli stati d’animo che hanno vissuto sulla loro pelle gli schiavi.

Il Mémorial si trova in Quai de la Fosse, non distante dalla Passerelle Victor-Schœlcher ed è un luogo aperto, in cui non si paga alcun biglietto se non quello del rispetto e della memoria. Già prima dell’entrata l’attenzione è catturata dalle migliaia di lastre di vetro incastonate sulla banchina che di giorno appaiono simili a tanti coriandoli brillanti.

Se si osservano con attenzione, ciascuna lastra riporta un nome: è quello di una nave negriera salpata da Nantes. In totale sono 2.000 lastre di vetro: 1710 portano scritto il nome di singoli vascelli, mentre le restanti 290 i nomi dei porti negrieri dove le navi facevano scalo.

Mémorial de l’abolition de l’esclavage - Nantes

Mémorial de l’abolition de l’esclavage – Nantes

L’accesso al Mémorial avviene attraverso una scalinata sobria,  che scende quasi al livello della Loira. Il  corridoio con l’impiantito in legno corre da una parte all’altra del Memoriale per una lunghezza di 90 metri, sul lato destro un pannello in vetro in cui compare frequente la parola ‘libertà’ intervallata da mappe, poesie, testi letterari, tappe della lotta all’abolizione della schiavitù.

Dall’altro lato, c’è il fiume. Il rumore dell’acqua viene amplificato dalla struttura del Memoriale, le travi  in cemento rammentano le capriate in legno delle navi e il rumore dell’acqua, il sottofondo audio ricrea il cigolio di un’imbarcazione in navigazione, la luce calibrata, quasi opprimente. Ogni cosa contribuisce a ricreare la sensazione di essere dentro la stiva di una nave. 

Una volta completato il passaggio, si incontrano pannelli e mappe che individuano le rotte atlantiche seguite dalle navi schiaviste. Si tende a percorrere l’ultimo tratto velocemente, per raggiungere la scala che porta in superficie, alla luce del sole, sfuggendo alla consapevolezza di una realtà scomoda e terribile, di un affronto all’umanità impossibile da sanare e la cui unica ammenda è la consapevolezza.

Il Mémorial di Nantes nasce dalla collaborazione tra Krzysztof Wodiczko, accademico e creativo, con l’architetto Julian Bonder.

Il confronto con una storia scomoda

Tra il XVII° e il XVIII° secolo i mercanti negrieri di Nantes si arricchirono sulla pelle di oltre mezzo milione tra uomini, donne e bambini, venduti soprattutto nelle Antille e nei territori d’Oltremare. Con 1774 spedizioni navali, Nantes era al primo posto per traffico di schiavi tra i porti di Francia. Solo nel 1831, anno in cui venne promulgata la legge che interdiva la tratta degli schiavi, il traffico umano ebbe termine a Nantes.

La coscienza degli avvenimenti accaduti diviene evidente solo negli anni ’80 del secolo scorso, a seguito del lavoro di ricerca e ricostruzione storica da parte di alcuni studiosi ed accademici nantesi. L’itinerario di riflessione pur essendo solo una goccia d’acqua nel mare dell’ingiustizia, è altamente apprezzabile. Non è per nulla scontato che un’intera città si metta in discussione, cosa che ha fatto Nantes.

Indicazioni pratiche

Tempo di visita: per visitare il Museo della storia di Nantes, il quartiere Feydeau e il Mémorial, in un percorso tematico unico, calcolate almeno 3 ore. Decisamente di più se volete visitare con calma tutto il Castello dei Duchi di Bretagna.

Come strutturare la visita: è bene seguire le tappe come indicato, in modo da avere una visione completa della questione “tratta atlantica a Nantes“.

Il museo aiuta a inquadrare storicamente gli avvenimenti e offre un prezioso contributo di conoscenza attraverso documenti, oggetti, opere d’arte; il quartiere Feydeau mostra la ricchezza apportata dal commercio triangolare agli imprenditori, oltre ad essere espressione di una specificità architettonica pressoché unica. Infine, ma primo per il valore sociale ed emotivo, il Mémorial ci invita a ricordare le centinaia di migliaia di uomini e donne deportati, ad ascoltare i rumori che loro ascoltavano, a provare, sia pure per qualche istante, le loro angosce.

Il Castello dei Duchi di Bretagna, il Quartiere Feydeau e il Memoriale sono uniti da un percorso pedonale di circa 1500 metri scandito da undici pannelli informativi, che ripercorrono la storia della tratta atlantica e del commercio triangolare a Nantes.

Dall’uscita del Castello, i pannelli si incontrano su Rue des États, quindi su Course Franklin Roosvelt e poi nel Quartiere Feydeau. Da Place de la Petite Hollande il percorso raggiunge Quai de la Fosse fino a raggiungere le banchine della Loira e, da qui, il Memoriale. Per leggere (o per stampare) il testo riportato sui pannelli, potete aprire il link del pdf.

Un consiglio: per la visita del Quartiere Feydeau indossate scarpe molto comode, meglio da ginnastica, perché l’acciottolato delle vie è molto sconnesso.

Link ed informazioni utili:

Bibliografia:

  1. Prof. Mariano Pavanello – Università Roma 1 – dispense anno accademico 2012-2013 – Da: Herbert S. Klein, The Atlantic slave trade. Cambridge, Cambridge University Press, 1999. Traduzione italiana dei capitoli 4 (The European Organization of the Slave Trade, pp. 74- 102) e 5 (The African Organization of the Slave Trade, pp. 103-129).
  2. Il traffico umano attraverso l’Atlantico, di Gabriel Paquette (Storica – National Geographic, 5 gennaio 2022).
  3. Nantes – dans la traite atlantique, di Krystel Gualdé (Les Éditions Château des Ducs de Bretagne). Libretto acquistato al bookshop del Museo.
  4. La tratta degli schiavi. Saggio di storia globale, di Olivier Pétré-Grenouilleau, edizioni Il Mulino, 2010.
  5. Voce “schiavismo” (Wikipedia ed Enciclopedia Treccani)

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

<