Mototurismo: escursione in scooter da Roma ad Amatrice

Il nostro appuntamento con gli itinerari di mototurismo tocca oggi una località del Lazio che, suo malgrado, è diventata il simbolo della volontà di riscossa e di rinascita dopo il terremoto del 2016, che ha duramente colpito un triangolo di territorio montano compreso tra Marche, Lazio ed Umbria. Mettete il casco, allacciate le giacche, ci aspetta una escursione in scooter da Roma ad Amatrice, per un  itinerario ad anello quasi 320 chilometri.

Su Amatrice (con tanto di ricetta per fare la ‘vera’ pasta all’amatriciana) avevo scritto nell’oramai lontano 2012. Ho una buona memoria visiva e – anche senza bisogno di foto – ricordo perfettamente il suo centro storico, il corso Umberto I° che correva dritto attraversando il borgo da una parte all’altra, fiancheggiato da case, negozi e dai rinomati ristoranti. C’erano anche alcune  chiese medievali particolarmente belle – tra  tutte, quella che mi piacque di più fu Sant’Agostino, per le sue linee romaniche, il colore chiaro delle pietre e del rosone e quella sua curiosa angolazione che la faceva notare immediatamente rispetto agli altri edifici – e in generale c’era un’atmosfera di tranquillità operosa.

Nel 2012 Amatrice era ancora un borgo montano ridente, che in estate si riempiva di villeggianti che provenivano da Roma alla ricerca dell’aria fresca che arrivava dritta dritta dai Monti della Laga e della buona tavola. Borgo di montagna costruito su uno sperone alle pendici dei monti e abitato sin da tempi lontanissimi, Amatrice è città del Lazio e ancor più città di confine per la sua posizione a cavallo di quattro Regioni (Lazio, Marche Umbria ed Abruzzo) e con i suoi quasi mille metri di altitudine garantiva vacanze a contatto con la natura, immerse nel verde dei boschi e con la possibilità di passeggiate ed escursioni alla portata di ogni età.

Poi. Perché nella storia, nella vita, nello scorrere del tempo c’è sempre un poi. Che in questo caso assume le vesti tragiche del terremoto, che fa vittime e danni incalcolabili. Inutile parlarne. E’ successo. Quel che è stato purtroppo non ritorna, si può solo far vivere nella memoria. Per tre anni ho quindi messo in un angolo i ricordi di questa città, li ho chiusi in un cassetto insieme alle foto, accontentandomi di ascoltare telegiornali, inchieste, appelli per una ricostruzione che a distanza di tre anni ancora fa fatica a decollare.

Amatrice è rimasta nel mio cuore ma ben lontana dagli occhi (perché è proprio vero, “occhio non vede, cuore non duole“) fino allo scorso fine settimana, quando con Francesco in una domenica assolata con il cielo blu solo sporcato da qualche fiocco di nuvole, abbiamo deciso di fare una escursione in scooter da Roma ad Amatrice . L’itinerario è relativamente semplice, da Roma si segue la via Salaria fino a Rieti e poi ancora oltre, attraversando i comuni di Cittaducale, Antrodoco, Posta e Torrita, inseriti in paesaggi che man mano che si sale assumono caratteristiche montane. L’aria diventa leggera, i pascoli sono verdissimi con qualche casale contadino. Rieti è distante quasi 60 chilometri, Roma più del doppio. E’ proprio un altro mondo.

L’escursione in scooter da Roma ad Amatrice è stato un ritorno ed allo stesso tempo una prima volta. Dalla Salaria si devia lungo la Strada Regionale 60, che passa accanto al lago artificiale di Scandarello. Qualche chilometro prima le ferite del terremoto erano già evidenti, gli agglomerati di casette di emergenza una presenza con cui fare i conti. La strada regionale costeggia edifici chiusi, con i segni e le fratture del sisma.

Quando ci eravamo stati nel 2012, Amatrice si preannunciava da lontano, un vascello orgoglioso ancorato sull’altopiano, fatto di case strette le une alle altre; ora lo sguardo vaga senza trovare riferimenti, se non la strada che con un paio di tornanti porta vicino ad una voragine e a qualche facciata transennata, siamo poi dovuti andare su Google Maps per capire che era l’Ospedale di Amatrice.

Ancora un paio di curve e un pugno in faccia non avrebbe potuto farci tanto male. Il centro storico di Amatrice non esiste più. Completamente raso al suolo, sassi che creano cumuli in attesa di essere portati via, macerie su macerie, in piedi giusto la torre civica su cui sono state poste quale segno di speranza e di riscatto le bandiere dell’Italia e dell’Unione Europea e sparse nella desolazione qualche scheletro di chiesa tenuto su con la sola forza dei tubi innocenti. In mezzo alle macerie,  un percorso stradale stretto, che corre tra due palizzate di legno, che segue il tracciato di quello che era Corso Umberto I°.

Siamo passati con lo scooter senza parlare, io che piango per un nonnulla avevo un groppo che mi stringeva la gola senza riuscire ad esplodere, come se nessuna lacrima, nessuno sconcerto fossero capaci di sollevarmi lo spirito da tanto dolore. Perfino Francesco, che non si lascia facilmente andare alle emozioni e che da giovane aveva vissuto la tragedia del terremoto del Friuli, non riusciva a capacitarsi della desolazione, dell’assenza, della scomparsa di una intera città. Però la “mia” Chiesa di Sant’Agostino, completamente avvolta nell’acciaio dei tubi, provava ancora a resistere, un guscio vuoto in cui le pietre sospese tratteggiavano le delicate volte romaniche.

La nostra escursione in scooter da Roma ad Amatrice da semplice itinerario turistico si è ben presto trasformata in un percorso simbolico, che sottolinea quanto la volontà può trasformare tragedia e dolore in forza per la rinascita. Superata l’area rossa – in cui è vietato sostare e a ricordarlo con garbo ci pensano giovani militari dell’esercito dallo sguardo incredibilmente triste – si entra nella zona della Amatrice che prova a risorgere.

No, ancora non c’è traccia di ricostruzione o se c’è non è poi così evidente, in compenso lungo la strada che prosegue fino al Lago di Campotosto sono sorti due centri prefabbricati dove hanno potuto ricominciare le loro attività i commercianti di Amatrice, in uno slargo vicino sono stati costruiti gli edifici provvisori  che ospitano gli sfollati (e quanto amore, quanta dignità nei tavolini messi all’esterno sulle verande delle case, nei vasi pieni di fiori che ingentiliscono le casette!). Ci sono pure gli uffici del sindaco, la sede della Proloco, un paio di supermercati, la piccola chiesa.

 Nonostante tutto, Amatrice resiste.

E per farlo ha puntato sul turismo gastronomico, sulla promozione dei sapori del territorio che trovano spazio nei piccoli negozi di specialità locali dei centri commerciali, nei supermercati e soprattutto nei ristoranti che sono stati riaperti appena fuori Amatrice in quello che è stato definito il polo del gusto di Amatrice.

Insomma, la rinascita di Amatrice passa (anche) attraverso l’Amatriciana.

Da uno dei fornai di Amatrice ho acquistato biscottini e pane da riportare a casa, in una rivendita di prodotti tipici un trancio di guanciale per fare l’amatriciana a casa. Piccoli acquisti, per riportarmi a casa un pezzettino di Amatrice e contribuire alla rinascita del commercio.

L’area del gusto è un insieme di edifici prefabbricati in stile montano moderno (belli!) che circondano una grande piazza con al centro una scultura di legno che ricorda un fuoco che si alza verso il cielo o, chissà, molto più prosaicamente una manciata di spaghetti. Qui hanno riaperto i ristoranti che un tempo erano il vanto della città, i loro menù sono quelli della tradizione ed hanno prezzi assolutamente invitanti. Davvero tanti i clienti, di cui molti gruppi di motociclisti. Bene così, perché è giusto dare opportunità di lavoro e dignità a chi non vuole lasciare la sua terra ed ai tanti giovani di Amatrice e dintorni.

Scegliere tra l’uno o l’altro ristorante non è facile, molto incide il prezzo (ma è più o meno simile), a meno di non avere precedenti esperienze molto incide la simpatia del nome o l’afflusso di avventori. Noi abbiamo scelto di fermarci al ristorante “Da Patrizia” per assaggiare (anche) i classici della cucina amatriciana, spaghetti all’amatriciana e rigatoni alla gricia, e non ci siamo pentiti.

La nostra escursione in scooter da Roma ad Amatrice è stata emotivamente molto intensa: terminato il pranzo, prima di rientrare a casa a Roma avevamo bisogno di prendere aria, di lasciar vagare i pensieri, di immergerci nel verde dei boschi per fare pace con la natura matrigna che avevamo conosciuto ad Amatrice. Per cui anziché tornare indietro diretti lungo la Salaria, all’altezza di Posta abbiamo preso la strada regionale 471 per raggiungere in 18 chilometri il borgo di Leonessa (leggi: Cosa vedere a Leonessa), lasciando lo scooter libero di seguire i tornanti e noi di inseguire i nostri pensieri. Il traffico su questa strada è raro, c’è qualche motociclista che testa a colpi di cambio tornanti e saliscendi, si incontrano piccole frazioni ferme nel tempo, spesso sorte attorno a chiesette e santuari. Questa era terra di Santi e di eremiti. E la pace dei panorami era ciò che ci voleva, dopo l’esperienza forte di Amatrice.

Da Leonessa abbiamo poi ripreso la Strada Regionale 521, percorrendo l’alto viadotto che scavalca la valle e quindi abbiamo percorso la gola che segna il confine tra Lazio ed Umbria fino ad arrivare a Rivodutri, nella Valle Santa reatina. Da qui, la nostra escursione in scooter da Roma ad Amatrice ha avuto conclusione facile, meno di due ore per tornare a casa lungo la conosciuta via Salaria.

Per saperne di più su Amatrice, sulla situazione attuale e sui lavori in corso, fa fede il sito ufficiale del Comune di Amatrice, dove c’è una sezione dedicata al turismo e alcune foto di prima che venisse rasa al suolo dal terremoto.

Il rosone della Chiesa di Sant'Agostino di Amatrice, prima del terremoto del 2016

Il rosone della Chiesa di Sant’Agostino di Amatrice, prima del terremoto del 2016 

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

0 Comments

No comments!

There are no comments yet, but you can be first to comment this article.

Leave reply

<