I dolci di Salerno e la pastiera di mammà

Se volete fare felice Francesco, invitatelo a mangiare la pastiera: è il suo comfort food, il cibo che lo ricollega alla sua infanzia, alle mani infarinate della mamma che sul tavolo di cucina impastavano con attenzione la pasta frolla, aggiungendo zucchero, scorza di limone grattugiato e infine un uovo dopo l’altro, mentre sui fornelli il borbottio del grano che cuoceva era il sottofondo che risuonava nella casa.

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Che poi, la pastiera come la faceva mammà, ovviamente non la faceva nessuno ed è inutile anche solo provare a sfidare il ricordo: di pastiera ce n’è una, tutte le altre sono solo brutte imitazioni. Perché la pastiera di mamma era fragrante, profumata di acqua di fiori d’arancio, arricchita di crema preparata con il latte più pannoso e arricchita di scorze d’arancia candita, che lei stessa preparava.

Proponete a Francesco torte superlative, Sacher eccellenti, crostate appena sfornate: ne apprezzerà il gusto, l’attenzione estetica, l’uso sapiente degli ingredienti ma alla fine sempre alla pastiera resterà fedele. Un primo amore. E come tutti i primi amori, difficili da dimenticare.

La sfida “pastiera di mammà” contro “pastiere qualsiasi” ha avuto un nuovo round durante il nostro viaggio a Salerno, quando tutta la città era “a porte aperte” e gli studenti dell’Istituto alberghiero della città – futuri chef, maestri pasticceri o chef de rang di sala – hanno preparato una selezione di dolci e lieviti tipici salernitani, più o meno antichi – il susamiello, le crespellie, i roccocò, i mustacciuoli, la maruzza, la marsigliese, il casatiello – oltre ad alcune versioni di pastiera, perfino al cioccolato o con il riso al posto del grano.

Perché se la pastiera di mammà è unica,  come avviene per tutti i dolci della tradizione non esiste una sola ricetta del dolce ed ogni casa ne ha una gelosamente conservata. La pastiera, in particolare, è un dolce antico – nelle sue versioni meno elaborate sembra risalire almeno al XV° secolo e questa sua vetustà si ritrova nell’uso di ingredienti basici come uova, grano, ricotta, canditi, zucchero, farina.

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Tipica della Campania – Napoli e Salerno soprattutto – è un dolce primaverile simbolo di rinascita e abbondanza anche per l’uso davvero esagerato di uova (in una pastiera si arriva facilmente ad utilizzarne 10), fondamentalmente la pastiera è una torta con ripieno, un guscio di pasta frolla che contiene grano lessato amalgamato con ricotta, zucchero, scorze d’arancia candita. Facile e difficile allo stesso tempo, soprattutto se si segue alla lettera la ricetta tradizionale che prevede che il grano venga tenuto a bagno per alcuni giorni in acqua –  deve essere cambiata di frequente –  per poi essere cotto per ore.

Certo, esiste anche la versione “veloce” della pastiera – e mammà a questo punto potrebbe svenire –  in cui il guscio è fatto di pasta frolla surgelata, il grano è già bello che pronto in barattoli, solo da riscaldare. Come sempre, la via di mezzo è la miglior scelta e quindi sì al grano precotto (chi di voi se la sente di stare tre giorni dietro ai chicchi di grano, accudendoli come cuccioli bisognosi di affetto?), no alla frolla già pronta – anche perché ci vuole davvero poco a prepararla. La pastiera è un dolce per tutte le stagioni, sebbene sia tipica del periodo pasquale , in cui il dolce trova la sua massima espressione.

La mia ricetta? Eccola!

Per la pasta frolla:

  • 250 gr. di burro a temperatura ambiente, tagliato a dadini
  • 250 gr. di zucchero
  • 500 gr. di farina doppio zero
  • 3 uova intere
  • 1 pizzico di sale

unite velocissimamente (la frolla meno si lavora, meglio è, ma questo ormai lo sapete) farina, burro, sale e zucchero, non importa se l’aspetto è piuttosto “sbricioloso”, quindi aggiungete una alla volta le uova, avvolgete nella pellicola trasparente e mettete in frigo a riposare per almeno un’ora.

Per il ripieno:

  • 500 gr. di ricotta (usate quella di pecora, più cremosa), passata al setaccio ed aromatizzata con un cucchiaio di acqua di fiori d’arancio
  • un barattolo di grano precotto – in genere sono 400 gr.
  • 400 gr. di zucchero semolato (la pastiera non deve essere particolarmente dolce, i diversi ingredienti devono amalgamarsi e non coprirsi a vicenda)
  • 50 gr. di scorza di arance candite tagliate a dadini oppure di cedro o zucca
  • 1 bicchiere di latte intero
  • la punta di un cucchiaino da tè di semi di bacca di vaniglia (la trovate al superercato, reparto dolci e pasticceria)
  • 6 uova intere
  • 2 tuorli d’uovo

Scaldate il grano con il latte ed un paio di cucchiai di zucchero, nel frattempo mescolate la ricotta con le uova, aggiungete lo zucchero, i canditi, la vaniglia e, una volta raffreddato, il grano.

Stendete la pasta frolla non troppo sottile, formando un disco leggermente più ampio delle dimensioni della teglia, che rivestirete. Versate il ripieno , con gli avanzi di pasta fate delle strisce che disporrete sul ripieno, quindi in forno per 180° per almeno un’ora e mezza (il tempo è indicativo, fate la “prova stecchino” che ogni forno è un mondo a parte).

La versione di mammà, invece, prevedeva che metà della ricotta venisse sostituita da pari quantità di crema pasticcera morbida (non vi serve la ricetta, vero? 🙂 )

Claudia Boccini

Curiosa di novità e di tendenze sociali e culturali, il mio karma è il viaggio

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